Politica

Riforme, sì a nuovo federalismo: verso riduzione numero Regioni. Lega non partecipa al voto

All'apertura dei lavori sul ddl Boschi Grasso ha dovuto ritardare la convocazione a causa dei troppi assenti. Poi sono stati approvati gli articoli: 30, 31, 33, 35 e 37. Torna a Palazzo Madama la facoltà di eleggere due giudici costituzionali e viene riformulata la parte della Costituzione sul federalismo (scompaiono le materie concorrenti tra Stato e Regioni)

E’ scesa la tensione per la riforma del Senato sui banchi della maggioranza dopo l’accordo sugli ultimi punti più delicati. Forse un po’ troppo, tanto che alla ripresa dell’esame del ddl Boschi è mancato il numero legale e il presidente del Senato Pietro Grasso ha dovuto far slittare la seduta. Al ritorno in Aula la Lega Nord ha dichiarato di non partecipare alle votazioni di oggi in segno di protesta. Nel corso della giornata l’esecutivo ha superato tre scrutini segreti, ma i numeri hanno continuato a essere poco entusiasmanti: alla terza consultazione la soglia è scesa a 147. Il minimo per la maggioranza è stato toccato ieri a 143, mentre di solito, quando il voto è palese, si aggira sui 161 voti.

L’Aula oggi ha approvato l’articolo 30 che cambia nuovamente una parte del Titolo V della Costituzione: viene infatti ampliata la possibilità di devoluzione di poteri dallo Stato alle Regioni e viene rafforzato il federalismo differenziato. E’ stato accettato un ordine del giorno di Raffaele Ranucci (Pd) che “impegna il governo a prendere in considerazione prima dell’entrata” in vigore del ddl di riforma, “l’opportunità di proporre attraverso una speciale procedura di revisione costituzionale, la riduzione delle Regioni”.

Via libera dell’assemblea anche all’articolo 31 che riscrive l’articolo 117 della Costituzione, vale a dire l’assetto federale dello Stato, con l’eliminazione delle materie di competenza concorrente tra Stato e Regioni. Approvati anche gli articoli: 33 (sull’autonomia finanziaria di Comuni, Città metropolitane e Regioni) e 35 (sui limiti agli emolumenti dei componenti degli organi regionali ed equilibrio tra i sessi nella rappresentanza). Infine c’è stato l’ok definitivo all’articolo 37 che invece restituisce al Senato la facoltà di eleggere due giudici costituzionali: l’emendamento, frutto dell’accordo tra governo e minoranza, ha ottenuto 234 voti a favore.

Anche oggi c’è stato lo spazio per le polemiche tra il senatore verdiniano Vincenzo D’Anna, già punito per i gesti sessisti in Aula, e il presidente del Senato Pietro Grasso. D’Anna ha chiesto di visionare i filmati dell’Aula per dimostrare che anche la collega M5S Barbara Lezzi aveva fatto “gestacci” nei suoi confronti. La seconda carica dello Stato però lo ha invitato a presentare istanza scritta, “secondo le procedure regolamentari” ricordando come questi filmati siano già stati visionati da esponenti del suo gruppo in Consiglio di presidenza.

Articolo 30 –  Il governo ha superato lo scrutinio segreto su un subemendamento del leghista Roberto Calderoli, anche se con numeri poco entusiasmanti per la maggioranza. I “no” alla proposta di modifica del ddl Boschi sono stati 153, i sì 103 e gli astenuti 2. L’aula del Senato ha infine dato il via libera all’articolo 30 con 165 sì, 85 contrari e quattro astenuti. L’assemblea poco prima aveva votato l’emendamento del governo che sostituiva l’intero articolo. La norma era stata presentata da Francesco Russo (Pd) e dopo la riformulazione era stata recepita dall’esecutivo. Cambia così nuovamente una parte del Titolo V della Costituzione. Viene infatti ampliata la possibilità di devoluzione di poteri dallo Stato alle Regioni. Dunque viene rafforzato il federalismo differenziato: le Regioni più virtuose (quelle che hanno i conti in ordine) avranno più possibilità di devoluzione di poteri dalla Stato (politiche attive del lavoro, istruzione e formazione professionale, commercio con l’estero, giustizia di pace, disposizioni generali e comuni per le politiche sociali).

Articolo 31 – Il Senato ha poi approvato l’articolo 31. I sì sono stati 158, i no 89, gli astenuti 6. L’Aula ha bocciato l’emendamento di Calderoli con voto segreto. I ‘no’ sono stati 153, i sì 106 e gli astenuti 3. Il Senato ha approvato la parte del provvedimento che riscrive l’articolo 117 della Costituzione, vale a dire l’assetto federale dello Stato, con l’eliminazione delle materie di competenza concorrente tra Stato e Regioni. Nella riforma del 2001 del Titolo V, all’articolo 117, venivano previste una serie di materie su cui era lo Stato ad avere la competenza legislativa, lasciando le altre alle Regioni, mentre su alcune c’era una competenza concorrente tra Stato e Regioni. I conflitti di attribuzione tra lo Stato e le diverse Regioni sono stati in questi anni il maggior numero di cause che la Corte costituzionale ha dovuto affrontare.

Il ddl Boschi abroga le materie di competenza concorrente, e riporta in capo allo Stato alcune competenze. Tra esse la tutela dell’ambiente e dei beni culturali; la produzione, il trasporto e la distribuzione dell’energia; le infrastrutture strategiche e le grandi reti di trasporto di interesse nazionale; sistema nazionale della protezione civile. In più nel nuovo articolo 117 c’è la cosiddetta clausola di salvaguardia dell’unità nazionale. Infatti “su proposta del governo la legge dello Stato può intervenire in materie o funzioni non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richiede la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica della Repubblica o lo rende necessario la realizzazione di programmi o di riforme economico-sociali di interesse nazionale”.

Articolo 37 – Il Senato potrà eleggere due giudici della Corte costituzionale. Lo prevede il nuovo articolo 37 del ddl Riforme, approvato con un emendamento a firma Finocchiaro-Zanda-Schifani-Zeller, frutto dell’accordo all’interno della maggioranza. L’emendamento – approvato con 234 voti favorevoli e 7 astenuti – ripristina il testo così come uscito dalla prima volta dal Senato (e poi modificato dalla Camera). Hanno accolto positivamente la modifica anche i senatori Sel. Ad aggiungere le proprie firme anche gli ex M5s, Luis Alberto Orellana, Maurizio Romani e Alessandra Bencini. Con il nuovo testo l’elezione non avverrà più con una seduta comune del Parlamento (come invece stabilito nel passaggio alla Camera).

In altre parole, i giudici verranno eletti separatamente: tre dall’assemblea di Montecitorio e due dal futuro Senato delle autonomie. Questo per evitare, con una seduta comune, la sproporzione tra i rami del Parlamento (i deputati rimarranno 630 ma i senatori scenderanno a 100). In sede di prima applicazione dell’articolo 135 della Costituzione (modificato appunto dall’emendamento della maggioranza) “alla cessazione dalla carica dei giudici della Corte costituzionale nominati dal Parlamento in seduta comune, le nuove nomine sono attribuite alternativamente, nell’ordine, alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica”.

Articolo 39 – Intanto il governo ha depositato l’emendamento all’art. 39 su cui nelle scorse ore i democratici hanno raggiunto l’accordo. La modifica prevede che la legge elettorale per il nuovo Senato debba essere approvata entro la legislatura ed essere in vigore per le elezioni regionali del 2018 che riguardano Sicilia, Lombardia e Piemonte. Nel testo, a quanto viene riferito, vengono stabiliti tempi certi per la nuova legge elettorale ma non il tipo di sistema.