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Isis: l’Italia in guerra in Iraq? O sì o no, mai a metà

Tornado Raf Iraq 675

Tanti discorsi di questi giorni mi sanno un po’ d’ipocrisia e molto d’amore della foglia di fico. Cioè, tutti i giorni tanti discorsi mi sanno d’ipocrisia e di passione per la foglia di fico. Ma ora mi riferisco in particolare a quelli che riguardano il ‘salto di qualità’ – espressione già imbevuta d’ipocrisia – della partecipazione dell’Italia alla guerra contro il sedicente Stato islamico in Iraq: adesso, gli aerei italiani – quattro Tornado e due Predator – ci stanno a fare i ricognitori; domani o quando sarà ci faranno i bombardieri, che è poi il loro mestiere.

Il Fatto ha sviscerato l’argomento nelle ultime 48 ore e non voglio qui essere ripetitivo. E’ stato ricordato come, davanti all’opzione militare in politica internazionale, una tentazione atavica e ricorrente dell’Italia è di esserci senza esserci, fare parte della coalizione – in Iraq nel 2003 come ora – ma non partecipare alle azioni militari – almeno, non a quelle letali.

Ora, i casi sono sempre due.

A – Se si è dei puristi del pacifismo, o se soltanto si usa la stella polare dell’articolo 11 della nostra Costituzione, “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, allora non c’è questione: la guerra è bandita, non la si fa punto; non che se ne fa un po’ – la parte ‘pulita’ – e si lascia fare il resto – la parte ‘sporca’ – agli altri.

Ché, in questo caso, è un po’ come fare il palo al ladro, o il basista al sicario: mica tu sei innocente e lui solo colpevole.

B – Se invece si ritiene che in certi casi la guerra sia legittima, quando ad esempio c’è l’avallo dell’Onu per il ripristino della legittimità internazionale – come fu il caso per la Guerra del Golfo del 1991 – o quando c’è da salvaguardare un bene superiore, la libertà, la giustizia, la democrazia, i diritti umani – come fu il caso per la guerra al nazismo – allora se ne assume la scelta e la si fa: ovviamente, con l’uso della forza minimo necessario e indispensabile a conseguire l’obiettivo e cercando di azzerare i ‘danni collaterali’.

Allora, se siamo nel caso A, niente guerra e neppure niente Tornado e Predator ricognitori e aerei cisterna.

Se siamo nel caso B, poniamoci le domande: il sedicente Stato islamico rappresenta davvero una minaccia integralista terroristica che può essere fermata solo con la guerra? E c’è un avallo della comunità internazionale in tal senso? Se le risposte sono positive, allora facciamo la guerra, ma facciamola subito e per intero, ché magari dura meno e forse serve.

In nessun caso, però, né nel caso A né nel caso B la guerra a metà è la risposta giusta.