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Ddl concorrenza, ecco il regalo a Poste: monopolio sulle multe fino al 2017. Operatori privati contro governo

Un emendamento dei relatori proroga di un altro anno l'esclusiva sulla notifica di atti giudiziari e contravvenzioni, che vale circa 300 milioni di euro di ricavi. I gruppi postali privati in rivolta: "Spiace che accada proprio in un disegno di legge che dovrebbe liberalizzare i mercati e potenziare la concorrenza, l'esecutivo ci ripensi"

Mentre Poste Italiane attende a giorni il via libera della Consob al prospetto informativo per la quotazione in Borsa, si materializza l’attesa proroga del monopolio sulla consegna delle multe. I deputati Pd Silvia Fregolent e Andrea Martella, relatori del ddl Concorrenza su cui oggi l’aula della Camera inizia le votazioni, hanno infatti presentato un emendamento che rinvia di 365 giorni, dal 10 giugno 2016 al 10 giugno 2017, lo stop all’esclusiva sulla notifica di atti giudiziari e contravvenzioni. Un business che vale almeno 300 milioni di euro all’anno ed è, appunto, senza concorrenti. Introiti sicuri, dunque, su cui potranno contare gli investitori che compreranno azioni del gruppo. E dal collocamento a Piazza Affari del 40% del capitale di Poste, che dovrebbe partire il 12 ottobre se l’authority di vigilanza sarà soddisfatta delle risposte ai suoi rilievi sul prospetto, il governo conta di ricavare 4 miliardi di euro. Cioè gran parte dei proventi attesi quest’anno dalle privatizzazioni (6,4 miliardi complessivi, stando alla nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza).

La presentazione dell’emendamento ha subito suscitato le proteste degli operatori postali privati che speravano nell’apertura del mercato. “Altri due anni di monopolio su un’area di riserva era proprio quello di cui non si sentiva il bisogno; spiace peraltro che questo accada proprio in un disegno di legge che dovrebbe liberalizzare i mercati e potenziare la concorrenza tra gli operatori economici”, scrive in una nota Luca Palermo, presidente di Fise Are, associazione degli operatori postali privati di Confindustria.

“Non rileva l’imminente parziale privatizzazione del fornitore del servizio universale, i mercati infatti già sanno che la riserva sarà abrogata e quindi non si può giustificare la proroga come una scelta volta ad apprezzare il valore in borsa del gruppo Poste italiane”, continua Palermo. “Stiamo parlando di un segmento di mercato che vale oggi meno dell’1% dei ricavi dell’incumbent (l’operatore più grande, cioè Poste, ndr) e l’apertura ai privati, come previsto dalla relazione tecnica del governo (allegata al disegno di legge), potrebbe invece garantire maggiore efficienza, prezzi più bassi per i consumatori e servizi di maggiore qualità“. Di conseguenza, è la conclusione, “ci auguriamo in un ripensamento in extremis del governo, che ha messo al centro della propria agenda le riforme strutturali, tra cui quella sulla libera competizione e la concorrenza dei mercati, incluso quello postale”.