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Siria, “Guerra Fredda” tra Putin e Obama all’Onu. Sullo sfondo la crisi Ucraina

Medio Oriente, Ucraina e l'accordo sul nucleare iraniano: è su questi campi che si gioca la partita tra i due leader mondiali. Davanti all'assemblea generale delle Nazioni Unite i presidenti hanno cercato di aprire a un accordo, ma senza risparmiarsi gli attacchi

“L’ideologia della Guerra Fredda è sempre presente” e voluta da alcuni attori internazionali. Le parole di Vladimir Putin descrivono la tensione tra il presidente russo e quello americano Barack Obama durante l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Siria, Medio Oriente, Ucraina e, sullo sfondo, l’accordo sul nucleare iraniano. È su questi campi che si gioca la partita tra i due leader mondiali. Il capo di Stato Usa accusa indirettamente il Cremlino di “violare il diritto internazionale e sostenere tiranni come Assad“, anche se, parlando di Ucraina, puntualizza di non volere l’isolamento di Mosca. Putin risponde sostenendo che “lo Stato Islamico non è nato dal nulla. Chi arma i ribelli, gioca e manipola i terroristi sbaglia. Vi siete resi conto di quello che hanno combinato in Medio Oriente e Nord Africa?”.

Siria, Obama: “No al sostegno ad Assad”. Putin: “Isis non nasce dal nulla”
La questione siriana monopolizza lo scontro al Palazzo di Vetro. Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-Moon, apre l’Assemblea strigliando il Consiglio di Sicurezza colpevole, dice, “della paralisi diplomatica degli ultimi quattro anni” sulla guerra in Siria. “Non c’è una soluzione militare a questo conflitto – ha continuato il diplomatico sudcoreano – Usa, Russia, Turchia, Iran e Arabia Saudita hanno la chiave per risolverlo”. Chi ha l’ultima parola sul processo di pace e la seguente transizione nel Paese, però, sono Obama e Putin che continuano a mantenere le distanze.

Il nodo principale da risolvere è il futuro del presidente siriano, Bashar al-Assad. Gli Stati Uniti puntano a una lotta al terrorismo nel Paese senza favorire lo storico nemico alauita, mentre la Russia, che ha nel governo di Damasco uno dei più importanti partner nell’area, lo difende a spada tratta per cercare di mantenere i propri privilegi nel Paese, importante avamposto militare nel Mediterraneo. “Ci sono delle potenze che agiscono in contraddizione con il diritto internazionale – ha dichiarato il presidente americano – C’è qualcuno che ci dice che dovremmo sostenere tiranni come Assad perché l’alternativa è molto peggio”. Ciò che il governo degli Stati Uniti non ha accettato è l’intervento militare del Cremlino in Siria a sostegno del governo di Damasco. Ma poi apre al dialogo con il suo omologo russo: “Siamo pronti a lavorare con Russia e Iran, ma non con Assad”.

La risposta di Putin arriva decisa, con il leader russo che punta il dito contro gli Stati Uniti e la coalizione occidentale, colpevoli, a suo dire, di aver destabilizzato Medio Oriente e Nord Africa: “Consideriamo i tentativi di indebolire la legittimità dell’Onu estremamente pericolosi – ha detto il presidente russo, presentatosi all’Assemblea quando Obama aveva già concluso il proprio discorso – Si deve capire che siamo diversi l’uno dall’altro e che non possiamo conformarci a un modello unico. Ingerenze e riforme forzate in Medio Oriente e Nord Africa hanno causato dei disastri. Vi siete accorti di cosa è stato fatto? Ma dei diritti umani non interessa a nessuno”. Putin chiede una “coalizione (con gli Stati Uniti, ndr) uguale a quella contro il nazismo”, confermando le anticipazioni del viceministro degli Esteri russo, Mikhail Bogdanov, che in mattinata ha dichiarato che “è possibile la nascita di un gruppo di contatto sulla Siria che includerà Russia, Stati Uniti, Iran, Turchia, Arabia Saudita ed Egitto”. Il capo di Stato russo poi lancia un’ultima frecciata a Obama: “Lo Stato Islamico non nasce dal nulla, è stato finanziato e sostenuto. Chi arma i ribelli, gioca e manipola i terroristi sbaglia. È un errore non cooperare con Damasco nella lotta al terrorismo, è l’unico che porta avanti la lotta contro lo Stato Islamico in Siria”.

Lo scambio di accuse mostra la distanza tra le posizioni dei due capi di Stato e riporta di qualche passo indietro i colloqui sulla Siria, dopo l’apertura degli ultimi giorni da parte della Germania, della Turchia e della Francia che hanno definito “necessario” il dialogo con tutte le parti in gioco, compreso Assad. Inoltre, i capi dei due blocchi devono trovare un punto d’incontro anche tra le loro richieste e i partner che rappresentano nell’area. Mentre Arabia Saudita e Turchia chiedono agli Stati Uniti la caduta del governo di Damasco, con Ankara che, per bocca del premier Ahmet Davutoğlu, dice di non volere “Assad e Isis vicino al confine”, il governo iraniano si dice aperto al dialogo “ma Assad deve rimanere al potere, altrimenti i terroristi entreranno immediatamente a Damasco”, ha dichiarato il presidente Hassan Rouhani.

Iran e Ucraina, gli altri teatri dello scontro Usa-Russia
Mosca e Washington hanno dei conti in sospeso anche sulla questione ucraina e il nucleare iraniano. Dopo l’accordo tra Teheran e 5+1, il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, aveva già chiesto agli Stati Uniti di modificare il sistema di difesa missilistico in Europa. Una richiesta che nasce dal ruolo di mediatore fondamentale ricoperto da Mosca durante i colloqui e che potrebbe avere un peso importante anche nel dialogo sulla Siria.

Ma l’altro fronte caldo dello scontro tra i due blocchi è quello ucraino. E qui le posizioni sembrano essere ancora più distanti. Putin parla di “clima da Guerra Fredda” voluto da alcuni soggetti, con chiaro riferimento agli Stati Uniti: “Oggi, sanzioni unilaterali che aggirano i principi dell’Onu sono diventate quasi un luogo comune – ha dichiarato – Oltre a perseguire obiettivi politici, queste vengono utilizzate per eliminare la concorrenza. Non si può imporre la sovranità a un popolo, ci vuole rispetto per gli abitanti del Donbass“. Se Obama dice che “le sanzioni non sono un ritorno alla Guerra Fredda” e che “la popolazione ucraina è interessata a unirsi all’Europa”, il capo del Cremlino ribatte sostenendo che “non si può costringere un Paese a scegliere tra Russia ed Europa”.

Twitter: @GianniRosini