Politica

Pietro Ingrao addio, passato e futuro del comunismo

Per quelli come me che non lo sono mai stati – nemmeno quando era una specie di obbligo – è oggi un piacere (in grande minoranza) sfoggiare delle idee di sinistra, perfino un po’ comuniste o socialiste (per chi sa il significato della parola, ben lontano dall’ultimo Psi). È quasi un obbligo morale, per il gusto di essere ancora dalla parte dei perdenti (beautiful losers), ma soprattutto perché alcune idee che vengono presentate come esclusivo patrimonio della sinistra, in realtà sono trasversali, molto trasversali e mi riferisco alla difesa dei più deboli, al rispetto per il lavoro, alle pari opportunità, alla necessità di imporre regole che spuntino le unghie ai soggetti più grandi e grossi, che altrimenti tenderebbero a imporsi e a prevaricare. Aggiungiamo infine che queste idee in genere sono già familiari, sia a chi professava principi di vita cristiana, come a chi si ispirava a un sano liberalismo. Poi con la scomparsa di forze politiche «di destra» è ancora più facile professarsi e sentirsi di sinistra.

Confido che la premessa sia stata sufficientemente chiara e inequivoca. Come D’Annunzio quando passò con gli uomini di Felice Cavallotti, anche oggi un uomo o una donna di destra nel senso vero della parola, non possono non sentirsi profondamente di sinistra, per non essere confusi con i magliari che hanno fatto carne da porco delle idee conservator liberali e di destra e per un gusto tipico di stare con le minoranze, possibilmente pensanti, del paese. Questa confessione-premessa, mi serve però per arrivare altrove e gettare una luce chiarificatrice su quello che intendo dire ora.

È morto Pietro Ingrao. Un comunista. Molti, me compreso, umanamente hanno sentito il dovere di togliersi il cappello davanti a quest’uomo che volle essere comunista fino all’ultimo (anche se in gioventù fu un po’ fascista). Ma non tutti i comunisti meritano di essere celebrati e in ogni caso, essere stati comunisti negli ultimi cinquanta anni, di per sé non può essere considerato un pregio, anzi.

Molti hanno partecipato alla costruzione di questo strano paese. E se perfino Denis Verdini potrà essere annoverato tra i padri costituzionali, non dobbiamo certo stupirci che nella realizzazione di questo singolare edificio siano da includere anche altri partecipanti, che forse avremmo preferito escludere, siano essi ex fascisti, amici del Vaticano e degli Usa, comunisti e altri appunto… Se dovessimo dare il bollino di santità a tutti i padri costituzionali o parlamentari di questa Italia, ci sarebbe il rischio di avere un Pantheon ben magro.

Nessuno ha titolo per condannare chicchessia, però non possiamo dimenticare. La storia personale di un uomo o di una donna va presa integralmente, anche e soprattutto le cose spiacevoli. Pietro Ingrao, e con lui molti altri, avallarono schifezze e furono moralmente corresponsabili di crimini che oggi noi non siamo più disposti ad accettare e che in ogni caso non si possono portare come medaglie sul petto, né tantomeno possono essere derubricati a eventi alla moda. Mi riferisco, ad esempio, ai morti sparati perché cercavano di fuggire dalla Ddr, all’invasione dell’Ungheria, ai carri armati a Praga, a Jan Palach, ma anche al silenzio di fronte ai milioni di oppositori eliminati da Stalin o di Mao. Nessuna ideologia può giustificarli e chi in quegli anni ha peccato di omissione o li ha condivisi è certamente sfuggito alla giustizia umana, ma dovrà spiegarlo a qualcun altro, prima o poi. Noi non lo vogliamo giudicare, ma oggi certi silenzi, certe mancanze, che in ogni caso hanno macchiato anche le ideologie nel nome delle quali quei crimini sono stati compiuti, non possono più essere accettate o giustificate.

Anche nel giorno in cui scompare uno dei campioni del comunismo italiano, dopo avergli espresso il nostro rispetto come uomo, non possiamo in ogni caso dimenticare «di che lagrime grondi e di che sangue» un’idea, un progetto politico, al quale auguriamo un radioso futuro, ma senza crimini e criminali.