Economia

Carburanti, sì a riforma rete: “Chiudere stazioni di rifornimento sulla strada”

Un emendamento al ddl Concorrenza approvato in commissione prevede che abbassino le saracinesche i distributori che non rispettano le norme di sicurezza. Soddisfatte compagnie petrolifere e sindacati dei benzinai. Ma secondo la grande distribuzione il progetto complica l'ingresso sul mercato di nuovi soggetti e si tradurrà in aumenti dei prezzi a danno dei consumatori

Diminuire le pompe di benzina, smantellando quelle vecchie e obsolete e limitando l’accesso ai nuovi operatori che vogliono entrare nel mercato. E’ questa la strada da percorrere secondo la riforma della rete carburanti recepita nel ddl Concorrenza tramite un emendamento approvato dalle commissioni Finanze e Attività produttive alla Camera. Il testo recepisce totalmente la “proposta unitaria” messa a punto nei mesi scorsi da compagnie petrolifere, sindacati dei benzinai e parte degli imprenditori privati (i ‘retisti’). Il mondo petrolifero si dice quindi pienamente soddisfatto, con buona pace di chi invece non ha mai condiviso il testo ed è stato escluso dal confronto. A partire dalla grande distribuzione organizzata, che infatti è sul piede di guerra e definisce l’emendamento “anticoncorrenziale” sostenendo che crea ulteriori barriere per l’entrata di nuovi operatori

La riforma si pone come obiettivo la chiusura di fino a 5mila impianti sulla rete ordinaria. Non tocca invece la rete autostradale, per la quale è in discussione un progetto di riordino molto più impervio. A dover abbassare le saracinesche saranno i distributori nei centri abitati “per i quali il rifornimento, tanto all’utenza quanto all’impianto stesso, avviene sulla carreggiata“, così come quelli “situati all’interno di aree pedonali”. Per quanto riguarda gli impianti extra urbani, sono considerati irregolari quelli “ricadenti in corrispondenza di biforcazioni di strade di uso pubblico” e quelli su curve strette. Le pompe non in regola, ad esempio quelle che creano intralcio durante i rifornimenti, dovranno adeguarsi entro un anno ai requisiti minimi di sicurezza, altrimenti scatterà la chiusura e multe fino a 15mila euro per ogni mese di ritardo.

Gli impianti che rimangono dovranno poi diventare più moderni, efficienti e sicuri. Presso il ministero nascerà un’anagrafe dei distributori in cui verranno raccolte le informazioni comunicate dai titolari degli impianti, che avranno sei mesi di tempo per iscriversi. Per chi non comunicherà le irregolarità scatteranno multe da 2.500 a 7mila euro. I distributori iscritti ma non regolari avranno un anno di tempo per adeguarsi alle regole sulla sicurezza, altrimenti entro nove mesi saranno costretti alla chiusura (sempre con multe salate). In questo modo, sostengono i fautori del testo, il benzinaio avrà più margini per fare concorrenza e ridurre i prezzi. E aumenterà la sicurezza sulle strade.

Fin qui tutti sembrano d’accordo. I nodi arrivano quando si parla dei nuovi soggetti che vogliono entrare sul mercato. L’emendamento limita le aree in cui potranno essere installati nuovi punti vendita e complica l’iter burocratico per l’apertura di nuovi impianti eliminando alcune deroghe previste in precedenza. Dunque sarà più difficile entrare in questo business. Su questo fronte, le commissioni hanno anche approvato un’altra modifica che mantiene l‘obbligo del terzo carburante per l’apertura dei nuovi impianti, a patto che questo non comporti ostacoli tecnici o oneri eccessivi che dovranno essere individuati da un decreto del ministero, sentita l’Antitrust e la Conferenza Stato-Regioni. Inizialmente il ddl prevedeva la cancellazione totale dell’obbligo, per la quale si era battuta in più di una occasione l’Antitrust, proprio per eliminare le barriere per l’entrata di nuovi operatori. E anche la Corte Costituzionale si è espressa in passato contro la legge della Regione Umbria che lo imponeva.

Ed è proprio contro questi vincoli all’ingresso che si scaglia la gdo. “All’interno del Ddl Concorrenza sono stati proposti alcuni emendamenti paradossalmente anticoncorrenziali che, se confermati nel corso dell’iter parlamentare, introdurrebbero limitazioni allo sviluppo della rete e all’ingresso di nuovi player nel mercato dei carburanti”, spiega Federdistribuzione a ilfattoquotidiano.it. Quanto all’obbligo di vendere Gpl, secondo il colosso della Gdo, “le modifiche proposte sarebbero un passo indietro rispetto al precedente testo del ddl”. E “anticoncorrenziali” sono considerate anche le norme che complicano le procedure burocratiche per l’apertura di nuovi impianti. L’augurio – conclude la Gdo – è che “possano essere riviste queste misure anticoncorrenziali, ricordando che qualsiasi ostacolo alla concorrenza incide sul prezzo dei carburanti a scapito dei consumatori, il cui potere d’acquisto è già stato pesantemente compromesso dalla crisi economica”.

Molto diversi i commenti di chi invece nel mercato già c’è da anni. Tutto il settore petrolifero accoglie infatti l’esito dei lavori parlamentari con grande soddisfazione. Secondo l’Unione Petrolifera l’emendamento “pone finalmente le basi per l’avvio di un reale e virtuoso processo di razionalizzazione della rete carburanti”. Brindano anche i sindacati dei benzinai: “Non possiamo che essere soddisfatti perché è stato recepito per intero il testo del settore. Quando si è uniti i risultati si vedono”, ha commentato la Fegica. Dal canto suo, Assopetroli si augura che “non vengano apportate modifiche al testo”. Se così sarà “avremo ottenuto uno strumento legislativo di concreta utilità per il settore, con evidenti benefici per il mercato”. Il sottosegretario al ministero dello Sviluppo economico, Simona Vicari, conta “di portare a casa il testo definitivo entro la fine dell’anno”. La strada parlamentare è quindi ancora molto lunga e tutto può cambiare. Il 21 settembre è previsto l’approdo in Aula del ddl.