Motori 2.0

Fiat Chrysler e General Motors: Cappuccetto Mary e lupo Sergio

Sergio Marchionne

di Carblogger

In due ore di intervista ad Automotive News su GM-FCA, Marchionne ha cambiato ancora una volta agenda. L’ultima sua narrazione mi fa tornare in mente l’analogo tentativo di Carlos Ghosn, oggi Ceo di Renaut-Nissan ma nell’estate del 2006 in corsa per esserlo di GM-Renault-Nissan. Ghosn fallì usando lo schema che sembra avere in testa Marchionne: un cavallo di Troia fra gli azionisti GM.

Nel giugno di nove anni fa, l’allora amministratore delegato di GM, Rick Wagoner, fu chiamato insieme al consiglio di amministrazione a prendere posizione sulla richiesta del primo azionista della public company, il miliardario di origine armena Kirk Kerkorian, di dare il volante del gruppo a Ghosn facendolo entrare con l’acquisto del 20% di azioni. Kerkorian via Tracinda deteneva il 9,9% di GM e, insieme a Ghosn e ad alti fondi speculativi, contava di arrivare fino al 40%.

Wagoner e il cda dissero no, nonostante GM fosse già all’epoca (senza ammetterlo) sull’orlo della bancarotta, dopo aver perso l’anno precedente 10,6 miliardi di dollari, e stesse chiudendo 12 fabbriche e licenziando 30.000 persone. Wagoner comunque accettò di vedere di persona Ghosn e andò addirittura al quartier generale di Renault a Boulogne Billancourt, Parigi.

Marchionne tutto pazzo per Mary (Barra) Ceo di GM, si lamenta che lei non risponda né a mail né a telefonate e non voglia nemmeno vederlo dipinto. Non è colore: pubblicizzando questo, Marchionne punta a indebolire l’immagine di Barra davanti ai suoi azionisti, suggerendo che Cappuccetto Mary ha paura del Lupo Sergio. Oltre a ricordare implicitamente la Barra come ingegnere tutta d’un pezzo, che non ha praticamente mai messo fuori il naso dagli Stati Uniti e senza una vera formazione finanziaria.

Se il cavallo di Troia di Ghosn era Kerkorian (che dopo il no di GM vendette il suo 9,9% reinvestendo nel business preferito del gioco d’azzardo a Las Vegas, evidentemente meno rischioso dell’automobile), il cavallo di Troia di Marchionne si chiama Warren Buffet. Con il 2,6% di GM, Buffet è uno dei principali azionisti ma anche (fin qui) il principale sostenitore di Barra nella battaglia interna a un azionariato in parte critico con la top manager, come Henry Wilson, ex uomo dell’amministrazione Obama e rappresentante in GM di quattro fondi con in portafoglio circa il 2% di azioni.

Buffet si è espresso a favore di Marchionne e non è escluso che possa portarsi dietro George Soros, che ha l’1% di GM, più forse altri fondi speculativi. Basteranno a Marchionne? La GM di Barra è un’altra cosa rispetto a quella di Wagoner: ha una cassa di oltre 25 miliardi di dollari (al 31 dicembre 2014) e genera profitti a nove zeri. Francamente, un sì a Marchionne sarebbe inspiegabile quanto il no a Ghosn.

Ps: “It’s too big to ignore“, sostiene Marchionne, parafrasando certi banchieri, “it’s too big to fail“. Molti di loro ce l’hanno fatta, non tutti.

@carblogger_it