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Migranti: chi ha ucciso il piccolo Aylan?

Turchia, trovati migranti morti sulla costa vicino Bodrum

Sono stati in molti, me compreso, a indignarsi e piangere alla vista della foto del piccolo kurdo siriano cadavere su di una spiaggia turca. Molta sincera commozione ma anche molte finte lacrime di coccodrillo.

Si chiamava Aylan Kurdi, aveva tre anni e proveniva da Kobane. La città martire assediata per lunghi mesi dai terroristi dell’Isis, con il noto beneplacito del governo turco che ancora oggi si ostina a non voler aprire un corridoio umanitario per consentire l’afflusso di aiuti umanitari d’urgenza alla città e alla regione. E’ morto insieme alla madre e ai due fratellini.

Chi l’ha ucciso? L’elenco è molto lungo.

In primo luogo i terroristi dell’Isis che, aggredendo il Nord siriano popolato dai kurdi, così come altri territori, ne hanno messo a repentaglio l’esistenza, costringendone molti alla fuga. Ovviamente l’Isis non nasce come un fungo all’improvviso ma è il frutto di scelte politiche precise, specie occidentali, a partire dall’aggressione all’Iraq di Bush nel 2003, che hanno creato in tutti i modi le condizioni propizie al suo nascere e svilupparsi.

In secondo luogo chi tali terroristi e analoghi gruppi, come Al Qaeda e Al Nusra, appoggia e sostiene. Anzitutto il regime turco di Erdogan che da tempo costituisce il retroterra sicuro dell’Isis, consentendo l’arrivo di armi, aiuti e volontari ad esso diretti. Ma anche altri Stati della Regione dai quali pure proviene un sostegno incessante ai vari gruppi islamisti, Isis compreso, come Arabia Saudita e Qatar.

In terzo luogo, last but not least, l’Unione europea che è in preda al razzismo fomentato da piccoli Stati, piccoli gruppi e piccolissimi uomini. Gentuccia che non ha mai mosso un dito per garantirsi e difendersi diritti economici e sociali elementari, e che oggi strepita come un pollaio impazzito perché percepisce i migranti e i richiedenti asilo come un pericolo alla propria identità e sicurezza. Un settore certamente minoritario dell’opinione pubblica europea, ma che i governi coccolano e viziano anche perché in tal modo deviano l’attenzione pubblica ed evitano di rendere conto sulle vere questioni della politica economica e sociale. Salvo rendersi conto, come sta avvenendo ora alla Merkel, che possono diventare un pericolo serio andando a irrobustire la malapianta del nazismo nel Paese che ne fu la culla storica. Un’Unione europea che peraltro continua a fomentare le guerre ovunque nel mondo, anche con la vendita di armi. Basti pensare alle armi vendute dall’Italia agli Emirati arabi uniti impegnati direttamente nell’attuale guerra civile yemenita a fianco di Al Qaeda e Arabia Saudita. 21 milioni nel mese di maggio di quest’anno43 milioni  nel 2014; quasi 95 milioni di euro nel 2013.

Tutti costoro hanno ucciso il piccolo Aylan e migliaia di altri come lui. La puzza di genocidio è oramai fortissima. Come scrive sul manifesto di oggi l’autorevole antropologa Annamaria Rivera, “le istantanee più recenti a prova del trattamento dei profughi e della loro ecatombe inesorabile contengono segni evocanti la semantica del genocidio. Con la proliferazione di muri e fili spinati; le masse di cadaveri di asfissiati durante trasporti disumani; la marchiatura di massa degli esuli, bambini compresi, a rendere letterale la loro stigmatizzazione; i campi per migranti irregolari, con topografia e ruotine quotidiana simili a quelle dei lager”.

Di questo stiamo parlando. Forse c’è ancora tempo per fermare questa tendenza al genocidio. A condizione di cambiare profondamente le politiche nazionali ed europee, orientandole verso l’accoglienza e la rifondazione dello Stato sociale all’insegna dell’universalità dei diritti. Isolando, emarginando e mettendo in condizione di non nuocere i  piccoli razzisti, che devono solo vergognarsi. Gli idioti (anche nel senso etimologico del termine, di persone dedite solo a coltivare gli affari loro) che pensano di cavarsela girando le spalle al mondo e ficcando la testa, come ignobili struzzi, sotto la sabbia. Coloro che incarnano, nell’anno 2015 d. C. la “banalità del male”. Zavorra di cui liberarsi al più presto per consentire all’umanità di spiegare il suo volo.