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Maschio Gaspardo, così le nuove regole del credito hanno distrutto un mondo

Il suicidio del patron Egidio Mascolo non racconta solo la storia di un’azienda strozzata dalla crisi. E' il paradigma di un cambio di rapporto tra l’imprenditore e la sua banca

Villa Maschio si trova a Villafranca Padovana, un piccolo comune a pochi chilometri dal capoluogo. È una splendida costruzione seicentesca, appartenuta alla famiglia veneziana dei Contarini dal Zaffo. Una tipica dimora di villeggiatura veneta, con un corpo centrale affiancato da lunghe ali con portici (le barchesse) e circondata da un parco di alberi secolari. Dopo l’acquisto da parte dell’azienda agricola Villaranza, di proprietà di Egidio Maschio, l’ex villa Contarini (e poi Camerini) è diventata, appunto, Villa Maschio. È possibile affittarla per matrimoni, battesimi o convegni. Il sito la definisce “un luogo ideale” per qualsiasi tipo di evento.

Nella splendida cornice dell’ex villa Contarini, nella primavera del 2013, la Maschio Gaspardo Spa ha presentato alle banche il proprio piano industriale. Il gruppo era già un colosso nel settore dei macchinari per l’agricoltura, con centri di produzione in Italia e all’estero e filiali commerciali in tutto il mondo. Decine le gamme di prodotto offerte alla clientela, dalle fresatrici alle seminatrici di precisione, dalle falciatrici alle macchine per la lavorazione del terreno. L’obiettivo del piano industriale era portare il fatturato da 236 milioni (dato di bilancio 2012) a 350 milioni (obbiettivo per il 2017). Si prevedeva che la crescita dovesse avvenire soprattutto mediante acquisizioni, nazionali ed estere, allo scopo di implementare la produzione. L’impegno richiesto alle banche non era da poco: rinnovo delle linee di credito esistenti e nuove linee per 100 milioni.

E le banche hanno sottoscritto il progetto della società, cioè di Egidio Maschio. Nel 2013 e nel 2014, quando la crisi risultava particolarmente pesante, la Maschio Gaspardo Spa, col sostegno degli istituti di credito, si è mossa in controtendenza. Sono state comprate aziende, sono state siglate partnership commerciali e acquisite quote di capitale. Le “prede” si trovavano nel veneziano, a Cremona, a Udine. Anche in Cina. Nel 2011 era già stato inaugurato un sito produttivo in India, a Pune.

Secondo molti operatori e analisti, le acquisizioni però sono state frettolose. Le due diligence sulle consistenze patrimoniali delle aziende da incorporare alla casa madre spesso non risultavano complete, affidabili. Molte passività, nascoste nelle pieghe dei bilanci, non sono state rilevate, oppure lo sono state soltanto in parte. Il costo reale dello “shopping” si è rivelato più salato del previsto. Di certo l’indebitamento della Maschio Gaspardo cresce velocemente. Da 182 milioni a 260 milioni nel corso del solo 2013. “Indebitarsi è una questione di coraggio” diceva spesso Egidio Maschio. “Ma anche di supporto e noi siamo legati a circa 50 istituti tra Italia ed estero”.

Per una società con centinaia di milioni di fatturato, è del tutto naturale e fisiologico avere una quota di indebitamento bancario. Stabilizzare gli incassi mediante linee autoliquidanti o fattorizzare parte della clientela è spesso una scelta dettata più dalla necessità di semplificare la gestione amministrativa che dal bisogno di reperire liquidità. E spesso richiedere finanziamenti può essere più conveniente che usare capitali propri. Tuttavia le dimensioni del debito della Maschio Gaspardo, e anche la frammentazione della platea dei creditori, ben presto diventano difficili da governare. Il cuore della questione risiede nell’evoluzione e nella trasformazione del mondo del credito.

Un prestito richiesto e ottenuto negli anni Ottanta o Novanta è molto diverso da un prestito richiesto e ottenuto nel 2013 o dopo. Oggi le banche sono sottoposte a una normativa più stringente. Subiscono severe verifiche sulla qualità degli impieghi, la congruità delle riserve. La libertà di attribuire un rating al cliente, cioè di collocarlo in classe di merito creditizio più o meno favorevole, è sempre più ristretta. Il dominio delle procedure standardizzate, che di certo rappresenta una garanzia di efficienza e trasparenza, rende il sistema anelastico.

È sufficiente che il tale istituto decida di ridurre la propria esposizione con il tale cliente, perché si crei l’allarme, se non il panico. Probabilmente ciò che Egidio Maschio non ha capito in tempo, o con sufficiente lucidità, è stato proprio l’intervenire di questo mutamento. Una volta l’imprenditore andava a parlare col responsabile della propria banca di riferimento, quasi sempre un istituto del territorio, e dopo qualche ora di discussione più o meno tesa, magari qualche pugno battuto sulla scrivania, tutto si sistemava.

Oggi non è più così, e non solo perché i processi di concentrazione hanno cancellato la maggior parte degli istituti del territorio. Il nuovo indebitamento è più complesso, più tecnico, più asettico. A fronte dell’erogazione di un finanziamento, vengono richieste garanzie di nuovo tipo. Sottoscrizione di contratti per compensare le oscillazioni degli interessi. Costituzione di collaterali finanziari. Negli anni Settanta e Ottanta, quando molti imprenditori della generazione di Egidio Maschio hanno iniziato la loro avventura, esistevano soltanto ipoteche e fideiussioni.

Nel 2014 la crisi del rublo e un rallentamento del mercato delle macchine agricole hanno provocato una contrazione del fatturato della Maschio Gaspardo. L’alto livello di indebitamento è diventato istantaneamente un problema esplosivo. In uno spazio di tempo ristrettissimo l’azienda che rappresentava un fiore all’occhiello del territorio ha perso ogni appeal. Anche questa è una caratteristica del nuovo mondo industriale. Nel passato, ascese e crolli si producevano nell’arco di anni, di lustri. Ora bastano poche settimane, addirittura pochi giorni.

L’avventura di Egidio Maschio, 73 anni, era cominciata negli anni Sessanta. Da ragazzo faceva l’operaio, poi s’era messo in proprio. In una stalla, con una saldatrice quale unico strumento di lavoro, aveva cominciato a costruire macchine agricole. Quarant’anni dopo, con un’azienda di duemila dipendenti sulle spalle, arrivava in aeroporto alle cinque del mattino e tornava a casa alle due di notte. Era un signore che prendeva 180 voli all’anno, con una capacità di lavoro assolutamente eccezionale. Uno che, letteralmente, non si fermava mai. Davanti all’insondabile radicalità di un gesto come il suicidio, si può solo chinare il capo. L’unica cosa che mi sento di dire sulla morte di Egidio Maschio, in apparenza così simile a quella di tanti altri imprenditori, veneti e non, è che essa rappresenta un caso a sé. La Maschio Gaspardo non era un’azienda stritolata dalla crisi (l’ultima trimestrale reca numeri piuttosto buoni), ma piuttosto dal passaggio epocale fra vecchio e nuovo, fra il mondo delle relazioni personali e quello dei tabulati. Il figlio del veneto contadino non ha capito che il paesaggio intorno a lui era mutato, ed è stato travolto dal mutamento.

Due anni dopo il piano industriale 2013, a villa Maschio si è tenuta un’altra riunione. Il patron storico ha presentato i nuovi manager, arrivati in azienda nel nome della discontinuità gestionale richiesta dai creditori. Forse, dopo quella riunione, passeggiando fra gli alberi secolari del grande parco, Egidio Maschio avrà pensato all’antica casata dei Contarini dal Zaffo, i costruttori della villa. Anche il suo mondo, come quello delle nobili famiglie veneziane che un tempo villeggiavano in campagna, era ormai stato cancellato.

Romolo Bugaro

da Il Fatto Quotidiano del 5 agosto 2015