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Crisi Grecia, Tsipras spinto all’addio: pronto governo di unità nazionale a guida centrista, nuove elezioni in autunno

Le condizioni poste dall'Europa mettono il leader greco nell'angolo: al suo posto esecutivo tecnico a guida Theodorakis (To Potami) e forse nuove elezioni in autunno. Un funzionario di Syriza: "Prima hanno fatto fuori il ministro delle Finanze, ora ci impongono persino un cambio di premier: tanto vale non andare più a votare"

Dopo il Fmi anche la Germania (come testimonia il quotidiano Bild) esce allo scoperto e chiede il suo pedaggio in questa surreale crisi greca: la testa di Alexis Tsipras. E’quello lo scalpo che due terzi dei creditori internazionali, più di avanzi primari e rimodulazione di piani, pretendono sul tavolo di un europoker che potrebbe ancora trasformarsi in Grexit. Governo di unità nazionale ora ed elezioni in autunno, scrive la testata tedesca. Il passo politico sarebbe, per metà, già compiuto: dentro i centristi di Potami guidati dal giornalista televisivo Stavros Theodorakis, nuovo frontman senza cravatta e protetto dal mondo degli oligarchi ellenici, rimpasto ministeriale con tecnocrati come fatto nel 2011 con Lukas Papademos, uomo Goldman Sachs. Il tutto per decretare la fine dell’esperienza syrizea, così come hanno lasciato intendere, pochi giorni fa, le parole dell’arcigno Schauble: la moneta più preziosa è la fiducia e Tsipras se l’è giocata.

“Prima hanno fatto fuori il ministro delle Finanze, ora ci impongono persino un cambio di premier: tanto vale non andare più a votare” dice amaramente un funzionario di Syriza. Il partito è spaccato a metà: da un lato gli integralisti legati al cenacolo culturale di Iskra, guidato dal ministro dell’Economia Panagiotis Lafazanis. Hanno votato paròn (astensione) l’altro giorno in Aula mentre Varoufakis preferiva il sole di Aegina, spingono per aprire a Oriente piuttosto che sottostare a Occidente, tengono il punto del discorso di Salonicco, ovvero la piattaforma programmatica di Tsipras nel frattempo andata in frantumi. Dall’altro chi pensava, forse a torto, che sarebbe stato sufficiente piegarsi oltremodo a Berlino per ottenere un altro lasciapassare e andare al terzo memorandum.

Merkel vale Schaeuble, è il ragionamento che solo oggi si fa nella sede di Syriza a Koummoundourou. Non c’è mai stata una frizione tra i due, “hanno giocato al poliziotto buono e a quello cattivo e oggi la Bild chiarisce tutto”. “Vogliono distruggerci” certifica a tarda notte il ministro della Difesa Panos Kammenos, che tra l’altro ha il suo bel daffare con le continue provocazioni degli F16 turchi nell’Egeo. Nelle stesse ore Tsipras faceva il gesto di togliesti la giacca: “Volete anche questa?” ha chiesto alla Troika (che non ha mai smesso di essere tale) attovagliata all’Eurosummit. Il resto è cronaca spicciola, con l’Aula di Atene in piazza Syntagma presto chiamata a votare in tre giorni le riforme su pensioni, Iva e privatizzazioni per far ripartire il negoziato. Senza i 30 duri di Syriza, Tsipras dovrà ricorrere ancora ai 100 voti delle opposizioni. Ieri sera il capo del Potami, Theodorakis, ha invocato un governo di unità nazionale dopo aver incontrato Juncker nei giorni scorsi: è il candidato numero uno.

Ha appoggi anche in Francia come il commissario Moscovici, ha candidato nel suo partito intellettuali, storici e giornalisti alla prima esperienza politica, e soprattutto ha alle spalle gli ottimi rapporti con il suo ex editore a Mega Channel, Bobolas. Ha interessi nell’edilizia, nell’energia, nell’editoria. Ha fondato il quotidiano Ethnos, la Pegasus Publishing, possiede la piattaforma satellitare Nova e soprattutto il canale televisivo Mega Channel. Bobolas l’ha fondato nell’anno della caduta del Muro di Berlino assieme ai veri re di Grecia: Alafouzos, Tegopulos, Vardinoyannis , Lambrakis. Fu la prima azienda in Grecia dotata della licenza per operare come stazione televisiva privata, come in Italia Canale 5. Tsipras, eletto per cambiare il governo socialisti-conservatori, è a un passo dal baratro e sarà costretto a lasciare, anche per suoi errori come la gestione del referendum, il caso Varoufakis e le promesse in campagna elettorale. Certo, poi ci sarebbe la questione relativa al fondo dove conferire asset ellenici a garanzia degli aiuti: la Grecia può arrivare fino a 17 miliardi, il Fmi ne chiede meno della metà, Germania e Finlandia pretendono 50. Ma già si scommette che, con un nuovo premier, quelle differenze saranno appianate in un secondo.

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