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Crisi Grecia, ‘colonizzazione’ in vista?

I greci hanno detto no a Bruxelles, e ora? Ora Tsipras, i soldi, dove li va a trovare? In Europa se lo chiedono, praticamente, tutti. In un pezzo di opinione uscito un paio di mesi fa su Bloomberg View è stata ripescata, a proposito della crisi greca, una soluzione che aveva avuto un certo seguito sui media: durante un’assemblea dei soci di Apple di qualche anno fa, si discuteva del tesoro, quasi 200miliardi di dollari in contanti, del colosso informatico di Cupertino. Qualcuno, tra il serio ed il faceto, avrebbe ipotizzato: perché non “comprare (il debito del)la Grecia”? Sembra che una conversazione di questo tenore sia stata davvero oggetto della seduta e pare che la risposta di Tim Cook sia stata serafica “non abbiamo mai pensato di acquistare una nazione“.

Partendo da questo aneddoto, vero o no che sia, l’editorialista di Bloomberg, Leonid Bershidsky, si spinge oltre ed immagina per la Grecia, uno scenario simile a quello irlandese: Apple, Microsoft, Google, Pfizer e Cisco che hanno liquidità da investire, sufficiente per risolvere gran parte del problema ellenico con i debitori, potrebbero farlo chiedendo in cambio un c.d. “sweetheart deal“, ovvero un trattamento da ‘paradiso fiscale’ anche in deroga al regime di tassazione sulle aziende che vale per tutti (un po’ quello che fanno Irlanda e Paesi Bassi, non a caso sotto inchiesta da parte dell’Ue).

I risultati, secondo l’editorialista del portale americano, sarebbero: benefici per tutti, Atene nuova tech-city e gli executive al settimo cielo perché al posto del grigiore del nord Europa, verrebbero trasferiti a godere il caldo del Mediterraneo. 

Tralasciando la smorfia (etica) di disgusto c’è da dire che uno scenario orrorifico di questo genere è meno fantasioso di quanto non possa sembrare; non è il concetto ad essere inedito, semmai lo è l’ipotesi che un passo simile, ovvero trovare i soldi che mancano in cassa “aprendo ai capitali stranieri”, in quella che assomiglia in tutto e per tutto ad una “colonizzazione“, avvenga a causa del fiato dei creditori sul collo. 

D’altronde Bershidsky, sottolinea la necessità di eventuali riforme favorevoli alle aziende; in pratica è ciò che chiede già l’Eurogruppo e che possiamo vedere attuato in città come Londra ed Amsterdam, ormai veri e propri parchi a tema del neoliberismo. L’impianto concettuale, purtroppo, non è un delirio ma un’ipotesi che in forme molto diverse, sta prendendo corpo un po’ ovunque tramite la dismissione dei servizi di pubblica utilità, sostituiti da operatori privati, la svendita del patrimonio immobiliare pubblico e la contrazione generalizzata dei diritti.