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Tour de France 2015, Nibali caduto nella trappola dei rivali: ora Froome e Contador sono avanti

Il campione italiano paga quella che nel gergo si chiama la tecnica del bordure: il vento che, canalizzato a mo' di ventaglio, penalizza chi è dietro. Lo Squalo dello Stretto paga un minuto e ventun secondi nei confronti del britannico nato in Kenya e si ritrova a un minuto e 9 secondi dal Pistolero. La vendetta domani sul muro di Huy

ZEELANDBehind the dikes we all bike leggo su un ponte di Utrecht mentre ci si appresta al via della seconda tappa del Tour 2015: “Dietro le dighe, noi tutti pedaliamo”. Sarà, ma Vincenzo Nibali, dietro le dighe di Zelanda ha visto i sorci verdi. Dopo l’infame canicola di sabato, su le Plat Pays olandese il cielo si è increspato di nubi scure mentre dal mare ha cominciato a soffiare lo struggente ma carogna vent du Nord che ci cantava Jacques Brel. Ah, se l’avesse ascoltata lo Squalo dello Stretto! Perché, tra Hellevoetsluis e Haringvliet, in cima al plotone che marcia spedito verso il traguardo, distante una cinquantina di chilometri, si notano movimenti sospetti. I suiveurs più scafati capiscono subito che sta per scattare un trappolone. Due squadre, infatti, hanno cominciato a mettersi di traverso, schierandosi come a formare una barriera, ma di sguincio, per dirottare il vento addosso a chi sta dietro. Sono i neri della Sky di Christopher Froome e i gialli della Tinkoff di Alberto Contador. Nel gergo del Tour, la manovra si chiama bordure. Nibali l’agnello sacrificale. E’ rimasto indietro, ha dovuto addirittura saltare un corridore che gli è cascato davanti. Qualcuno avvisa Froome e Contador.

Il gruppo si frantuma. Restano in cima alla corsa in ventisei. Poi, a venti secondi, rolla una pattuglia con la maglia gialla Rohan Dennis, Nibali e il francese Thibaud Pinot. Più indietro, a un minuto è precipitato Nairo Quintana in compagnia di Alejandro Valverde e di un’altra cinquantina di corridori. I 166 chilometri da Utrecht a Zelanda che sulla carta sembravano una passeggiata nel paradiso delle dune e delle dighe olandesi, si stanno trasformando in un inferno, la classifica generale è già con morti e parecchi feriti: gli scatenati Froome e Contador hanno piena ed interessata collaborazione di gente come Tejay Van Garderen (l’americano punta al podio finale), come il polacco Michal Kwiatowski che indossa la maglia iridata; tra i più attivi, ecco lo svizzero Fabian Cancellara, e i velocisti: Mark Cavendish, André Greipel, il nostro Daniel Oss, il belga Greg Van Avermaet. A far da locomotive, i possenti passisti come Tony Martin e Peter Sagan che ha anche ritrovato lo spunto in volata e medita il colpaccio. Insomma, il meglio in circolazione. Il peggio per le ambizioni di un Nibali sempre più nervoso e furioso coi suoi che non l’hanno protetto come avrebbero dovuto e potuto.

La miscela esplosiva dei ventisei all’attacco si traduce in un additivo micidiale, in alcuni tratti Froome e soci superano 57 chilometri all’ora. Risultato? Il gruppetto inseguitore di Nibali perde terreno, il distacco sale a 57 secondi, tanto che Quintana e gli altri si avvicinano sino a ricongiungersi. Non bastasse, Nibali incappa in una foratura, probabilmente figlia del salto per evitare di investire l’australiano Adam Hansen della Lotto di Tony Gallopin. Diciotto secondi per il cambio di ruota, poi l’inseguimento nell’inseguimento, sfruttando la scia delle auto che seguono i corridori. Nibali è torvo, il suo volto una smorfia di rabbia. E’ cascato come un pivello nella trappola di coloro che lo scorso anno sono stati battuti, più che da lui, dalla sfortuna.

Oggi, invece delle celebri cozze di Zelanda – il piatto regionale – gli toccato ingurgitare l’amara pozione della vendetta: arriva quarantanovesimo, a un minuto e 28 secondi, scoraggiato, il suo sguardo corrucciato più eloquente di ogni parola. Il ciclismo spesso è feroce. E la memoria dei corridori supera di gran lunga quella degli elefanti. La volata è bellissima, per la potenza espressa dal tedesco Greipel che batte di un soffio Peter Sagan e uno strepitoso Cancellara. La media si fissa a 47,644 all’ora. Dice tutto. L’elvetico che ha 34 anni e si è guadagnato il soprannome di Spartacus diventa la nuova maglia gialla, davanti a Tony Martin. Pensare che tre giorni fa aveva dichiarato: “Questo il mio decimo Tour: probabilmente sarà l’ultimo”. Puntava a vincere una tappa, si ritrova con la maglia gialla che è il sogno di ogni corridore. Un regalo di congedo: “Tanto so che domani non sarò più il leader della corsa, si arriva al muro di Huy, con quel finale al 19 per cento che farà strage…non ne faccio un dramma, alla mia età non avverto più la pressione“. Sornione come sempre, il turgoviese Cancellara. Il Muro di Huy è il sigillo della Freccia Vallone. Quest’anno Fabian alla Vallone si è piazzato terzo, nel 2012 secondo.

Dunque, dopo l’Olanda e la sorprendente tappa delle dighe, il Tour sconfina in Belgio sulle tracce della Freccia Vallone: si parte da Anversa, si arriva a Huy dopo 159,5 chilometri. Sarà pavè. E tanta bagarre. Tutto si deciderà negli ultimi 1200 metri, dopo una rotonda. Se ricordo bene, si gira a destra e poi la strada comincia a salire e a restringersi. La pendenza si incattivisce sino a quegli ultimi terribili centocinquanta metri. Terreno per finisseur scalatori come Nibali, Contador, Froome e Valverde. Il nuovo trend delle grandi corse a tappe riproporre ogni giorno percorsi che ricordino grandi classiche. Un catalogo del ciclismo. Tre piccolissimi secondi separano Cancellara da Martin. Il trentino Oss sesto, Froome decimo, Contador quattordicesimo. Nibali 33esimo, a due minuti e 09. Paga un minuto e ventun secondi nei confronti del britannico nato in Kenya e si ritrova a un minuto e 9 secondi dal Pistolero. Nulla è perduto, siamo appena all’inizio. Si auspica rivincita. Cattiva, implacabile. L’Iliade del ciclismo non ammette tregua. Gli eroi del pedale combattono senza pietà, e senza paura.