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Classica e spot, storia di un rapporto tormentato: dall’Habanera delle casalinghe-lavandaie agli sgrassatori di Khachaturian

Lontani anni luce, per nostra somma fortuna, dalle coltellate vocali dell’allora avvenente Sylvie Vartan che, nel suo Caro Mozart, faceva a brandelli la Sinfonia n. 40 in Sol minore dell’innocente Amadeus, continuiamo tuttavia ad assistere, spesso e volentieri, a quello che potrebbe passare alla storia come “il grande massacro musicale”: ci riferiamo a pubblicità e spot di vario genere che, di norma, si impegnano in vere e proprie torture ai danni dei grandi capolavori della musica d’arte. Tutti gli spot? No di certo, anzi. Molte sono le pubblicità che riescono a impiegare il repertorio classico, barocco o romantico in modo originale e soprattutto serbando il giusto rispetto per gli autori di quelle stesse musiche. Gli esempi sono diversi, ma negli ultimi anni tra gli spot degni di nota vi è sicuramente la serie Edison per le Olimpiadi di Londra del 2012 con la special guest del rugbista Martìn Castrogiovanni nei panni di un goffo apprendista di volta in volta alle prese con specialità sportive diverse, dalla pallanuoto alla danza classica fino a giungere alla pallavolo femminile. Ogni spot della miniserie Edison aveva come colonna sonora la Variation dansée (Pizzicati) dal balletto Sylvia del 1876 del compositore francese Léo Delibes, in un connubio immagine-suono a dir poco azzeccato: l’ilarità e la freschezza del pizzicato agli archi della Variation dansée non potevano che sposarsi perfettamente con l’ironia e la leggerezza che attraversano ogni singolo sketch di quegli spot, in un gioco parodico nel quale la musica diviene protagonista tanto quanto la grottesca comicità di Castrogiovanni.

Dalle stelle alle stalle: chi di voi non serba memoria dello spot Chanteclair di qualche anno fa? Quel “simpatico” gioco animato di sgrassatori che, prendendo improvvisamente vita, andavano donando brillantezza e splendore a fornelli, camicie, finestre e chi più ne ha più ne metta. Ebbene, merito e gloria a una pubblicità in grado di distruggere una volta per tutte la splendida Danza delle spade del sovietico Khachaturian, che dalle vette della sua magnificenza sonora viene in quello spot degradata allo stato di flebile e insignificante suoneria appena in grado di accompagnare un testo dalla strabordante puerilità: “Chi pulisce più di Chanteclair”? Chissà come Khachaturian stesso avrebbe commentato simile operazione! Ma andiamo avanti, sempre più consapevoli di come la musica d’arte, o colta che dir si voglia, lungi dall’essere (come spesso viene etichettata) musica di nicchia o d’élite, riempia in realtà le nostre vite quasi subliminalmente, attraverso passaggi televisivi d’ogni genere che così facendo si ritrovano a veicolare, più o meno bene, più o meno rispettosamente e con maggiore o minore originalità, veri e propri pezzi d’arte. Brani di immensa bellezza che però, il più delle volte, si fissano nella mente dello spettatore in qualità di semplici e fuorvianti associazioni al prodotto di turno.

Quante none sinfonie di Beethoven hanno consentito a banche e case automobilistiche di vendere i propri prodotti associandoli, a livello sia percettivo che cognitivo, alla grandezza dell’ultima delle grandi sinfonie beethoveniane? Quante arie d’opera hanno, loro malgrado, sostenuto la causa commerciale di una qualche grande multinazionale? E se potrà risultare quasi offensivo ricordare l’orripilante adattamento della celebre Habanera dalla Carmen di Bizet, col testo appositamente riscritto, per l’Aiax (in quell’“Igiene sì, fatica no” marchiato a fuoco nella mente di intere generazioni di italiani e impresso sullo sfondo di un plotone di allegre signorine ben liete di celebrare il luogo comune della femmina-lavandaia), non potrà certo dirsi meno imbarazzante l’aver piegato un’aria come Un bel dì vedremo dalla Madama Butterfly di Giacomo Puccini alla pubblicizzazione di una macchina, l’Alfa Romeo del 2004. Dalle stalle alle stelle: quanti italiani possono dire di non associare la parola “egoiste” ad un profumo di Chanel? Questo grazie non solo alla potenza musicale della Danza dei cavalieri tratta dal Romeo e Giulietta di Sergej Prokof’ev (tutt’altro che maltrattata all’interno di questo spot), ma anche ad un’originalità di impianto che faceva di quella pubblicità un vero e proprio gioiellino d’ingegno e creatività. Tante, tantissime altre invece le pubblicità e i prodotti che, senza alcun ritegno, hanno violentato musiche dall’immensa portata storica e artistica come, ad esempio, accade per La primavera di Antonio Vivaldi nello spot del Twix di qualche anno addietro, nel quale la più celebre delle musiche vivaldiane, dopo essere stata elettronicamente rimaneggiata, come se già non bastasse viene sciaguratamente rappata da un gruppo di piccoli bimbi inneggianti a una merenda finalmente nutriente! Stessa sorte tocca, in uno spot Tuborg del 2007, allo splendido In the Hall of the Mountain King dal Peer Gynt di Edvard Grieg che, senza colpo ferire, viene serenamente remixato in un brano dance commerciale. Ebbene, potremmo continuare ancora per molto, ma forse non rientra nei nostri interessi farci ulteriormente del male.