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Autorità trasporti, lobby dei camionisti chiede esenzione da pagamento quota

Gli autotrasportatori non vogliono versare il contributo dello 0,4 per mille sul fatturato, che per loro è già stato ridotto della metà. Peraltro ad aprire il portafogli non dovrebbero essere tutti i 140mila padroncini italiani ma solo 85 imprese con ricavi superiori 30 milioni l'anno. Il sottosegretario Umberto Del Basso De Caro ha sposato le loro ragioni

Svelti a prendere, restii a pagare. Gli autotrasportatori si sono messi in testa di non sborsare la quota dovuta per il finanziamento dell’Autorità dei trasporti, la più giovane delle autorità indipendenti per la regolazione del mercato, istituita ufficialmente appena un paio d’anni fa dopo una lunghissima e sorda opposizione delle Fs allora guidate da Mauro Moretti. Tutte le altre imprese del settore pagano con regolarità il dovuto, dalle compagnie aeree alle ferrovie pubbliche e private, dalle autostrade ai gestori dei porti agli armatori. I padroni dei tir, invece, si rifiutano accampando una giustificazione tanto semplice quanto definitiva: tra tasse e balzelli siamo tartassati e stufi, dicono. Il lavoro dell’Autorità sarà pure importante e interessante, ma non ci riguarda.

Una motivazione che senza dubbio avrà anche le sue ragioni, soprattutto nella parte in cui si riferisce alle tasse, ma non tiene conto del fatto che i padroncini e i padroni dei camion che devono vedersela con Equitalia (come tutti i contribuenti onesti, del resto), sono anche coccolati dallo Stato, da cui ricevono parecchio in termini di aiuti, sovvenzioni e sconti ai caselli autostradali: 250 milioni di euro per tre anni di fila fino al 2017 in base alla legge di Stabilità. La fetta più grossa (120 milioni) serve per rimborsare i pedaggi mentre 60 milioni vengono elargiti per generiche “spese non documentate”. Aiuti cospicui e generosi che però sono solo una parte e neanche la più consistente dei trasferimenti statali complessivi al settore dei Tir: secondo l’ultima relazione della Corte dei conti ammontano alla bellezza di 2 miliardi di euro all’anno negli ultimi esercizi finanziari, in pratica l’equivalente di una manovra di bilancio.

Già in passato i padroni dei camion si erano lamentati parecchio per la quota che l’Autorità guidata da Andrea Camanzi chiedeva alle imprese di autotrasporto, e tanto avevano fatto che mentre agli altri soggetti oggi viene prelevato un contributo dello 0,4 per mille sul fatturato, a loro era stato ridotto della metà (0,2 per mille). Alimentando qualche polemica, per la verità, come quella delle imprese ferroviarie private delle merci, contrariate per il trattamento di favore riservato alla gomma. Il riguardo non è stato però risolutivo, i camionisti si rifiutano ugualmente di rispettare la legge e il risultato è che dovendo fare a meno del loro contributo, l’Autorità fatica a svolgere tutti i suoi compiti restando dentro i limiti del bilancio. Considerando oltretutto che non gode dei favori di Matteo Renzi e del governo che, recependo di recente una direttiva europea, ha trovato il modo di limitare parecchio prerogative e poteri dell’istituto di Camanzi.

Il bilancio dell’Autorità non è stratosferico, 14 milioni e mezzo di euro circa nell’anno in corso. La quota spettante ai padroni dei tir sarebbe relativamente modesta, circa 1 milione di euro l’anno, e non riguarderebbe tutti i padroncini, che in Italia sono un vero esercito, 140mila, sei volte più della Germania e della Francia. Graverebbe solo su un’esigua minoranza, 85 soggetti in tutto, cioè le imprese con un fatturato annuo superiore a 30 milioni di euro che dovrebbero sborsare in media circa 12mila euro, con punte di 30-40mila.

Tra queste ultime rientra anche la multinazionale Fercam di Bolzano di cui è amministratore Thomas Baumgartner, che è anche presidente di Anita, forte associazione di autotrasportatori, e che con Paolo Uggè e Fabrizio Palenzona è uno dei dirigenti di sfondamento della potentissima lobby del trasporto su gomma. Baumgartner sostiene che gli autotrasportatori già pagano l’Albo di categoria e l’Antitrust per cui “il contributo all’Autorità dei trasporti non solo aggraverebbe il carico fiscale, ma avrebbe forti ripercussioni negative sulle casse dello Stato incentivando di fatto la delocalizzazione delle imprese”. Maurizio Lupi, quando era ministro, ha accolto in pieno queste tesi invitando l’Autorità dei trasporti a lasciar perdere e occuparsi di altro. Anche il sottosegretario Umberto Del Basso De Caro ha sposato le ragioni dei padroni dei tir. Alcuni giorni fa il senatore Antonio De Poli (Nuovo centrodestra-Udc) con un’interrogazione ha invitato il governo a risolvere la faccenda una volta per tutte “escludendo le imprese di autotrasporto dalla platea dei soggetti obbligati a pagare il contributo per gli oneri di funzionamento dell’Autorità dei trasporti”.