Società

Immigrazione: essere altruisti o egoisti?

La dimensione emotiva dell’altruismo e dell’egoismo ha preso piede nel dibattito su quali strategie adottare nei confronti del fenomeno immigrazione.

Da un lato c’è l’immagine di chi salva la vita al migrante sperso fra i flutti nel canale di Sicilia. Una volta che il migrante è approdato sul suolo italiano avvengono momentanei slanci di solidarietà. I detrattori di questa impostazione arrivano ad accusare chi esprime altruismo di irresponsabilità e li invitano, se vogliono essere coerenti fino in fondo, ad accogliere un certo numero di migranti nelle loro abitazioni.

Sull’altro versante, con un egoismo sbandierato, si dice no su tutta la linea all’immigrazione arrivando a esprime in pubblico, ma soprattutto in privato, frasi razziste in cui si bollano questi poveri diavoli. Anche qui gli oppositori provano a estremizzare per cui, se veramente vuoi allontanare il migrante, devi avere il coraggio di ucciderlo sparandogli in mare.

Tutti noi proviamo emozioni contrastanti. Non ci sentiamo del tutto buoni o cattivi. Capiamo che in questa situazione ci sono innumerevoli paradossi. Ad esempio se come Stato si offre una accoglienza molto ampia si alimenta il fenomeno e  questa moderna tratta degli schiavi in quanto, vedendo che c’è disponibilità, un maggior numero di persone si metteranno in viaggio. Se, viceversa, ci si chiude nell’egoismo rifiutando ogni arrivo potremmo trovarci fra qualche anno con una popolazione in rapido calo e con impossibilità di mantenere tutti i vecchi pensionati.

Ma da dove arrivano l’altruismo e l’egoismo?

Tralascio le argomentazioni filosofiche che non sono di mia pertinenza. In termini psicologici molti autori ritengono che la gente tende ad “agire sempre per i propri interessi”. Anche quando attua comportamenti altruisti l’interesse personale è presente attraverso l’idea che, in caso di necessità, anche lo stesso soggetto sarà trattato dagli altri con quella che si definisce “umanità”. Questo senso di umanità è la capacità di entrare in empatia con l’altro mettendosi nei suoi panni e capendo quello che prova.

La paura è l’elemento che accomuna sia l’altruismo che l’egoismo. La paura dell’altro e delle conseguenze che potrebbero derivare a noi se lo accogliessimo nella nostra casa porta all’egoismo ma, paradossalmente, la stessa paura ci impone di considerare che potrebbe  capitare anche a noi di dover bussare alla porta di qualcuno per avere un aiuto e, di conseguenza, stimola il nostro altruismo.

Lo stesso popolo tronfio di sé che non vuole pezzenti in casa sua se succedesse un terremoto o un’alluvione devastante chiederebbe a gran voce di essere aiutato.

Sull’altruismo e sull’egoismo succede poi che molte persone tendano ad attuare una speculazione. I politici adottano l’uno o l’altro sentimento per farsi belli o per ottenere il voto. I professionisti dell’accoglienza fanno carriera e lucrano benefici sulle difficoltà così come i professionisti dell’egoismo stimolando la paura vendono i loro prodotti atti a contrastare il diverso e il povero.

Dobbiamo accettare il fatto che nel nostro inconscio albergano entrambe le emozioni che si traducono in razionalizzazioni per cui ci auto-convinciamo di ciò che al momento sentiamo dentro di noi intimamente. Possiamo infatti trovare decine di motivi validi a livello razionale per accogliere o rifiutare una massa migrante come quella che si affaccia sulle coste italiane.

Le esperienze infantili avranno una grande importanza nel renderci più o meno recettivi verso l’altro. Se ad esempio abbiamo vissuto momenti in cui ci siamo sentiti maltrattati e derisi svilupperemo diffidenza e un senso di rabbia represso che alimenterà il nostro egoismo. Al contrario se avremo avuto esperienze ripetute e costanti di accettazione e dedizione verso di noi da parte degli altri ci sentiremo altruisti.

La mia convinzione è che il fenomeno di un’immigrazione così ampia vada al di là delle nostre possibilità di intervento sia come individui che come Stati. Qualcuno direbbe: “E’ la bomba demografica bellezza!”. Sta avvenendo un fenomeno epocale che non ha uguali per dimensioni nella storia dell’umanità alimentato dall’enorme e incontrollato sviluppo demografico. Si suppone che nei prossimi cinquant’anni ci sarà un aumento dagli attuali 7 a 12 miliardi di esseri umani. Cinque miliardi in più tutti giovani e tutti alla ricerca del benessere. La storia, su numeri più piccoli, ci insegna che in queste situazioni sono successe emigrazioni bibliche, guerre ed epidemie.

Dovremmo ammettere che non ci sono mezzi adeguati per esercitare un controllo del fenomeno immigrazione e che, purtroppo, non ci sono neppure mezzi economici adeguati per aiutare tutti a meno che non si decida di stravolgere la nostra società.

Visto che ammettere di essere impotenti è molto difficile preferiamo litigare fra di noi accusandoci vicendevolmente di essere buonisti stupidi o razzisti egoisti.

Scaricare su un avversario l’ansia che ci coglie di fronte al senso di impotenza è un meccanismo di difesa che ci aiuta a pensare che una soluzione da qualche parte c’è e che un nuovo governo, una nuova Europa o una nuova Onu potranno risolvere la situazione.