Televisione

Morti e Stramuorti, i becchini più famosi di Napoli arrivano in tv

In pratica si tratta di una famiglia di “funeral planners”, pronti ad accompagnare i loro clienti con cura e meticolosità nell’ultimo viaggio della loro vita. Tra casse di mogano, rovere o frassino, urne cinerarie, manifesti mortuari e fiori di ogni foggia e colore, i Dell’Anno contribuiranno, grazie all’inossidabile cliché della napolitanità, a migliorare il nostro rapporto con la Nera Signora

Il genere televisivo della docu-fiction ha invaso tutti i canali: prima quelli tematici, di nicchia, sul digitale o sul satellite, ora anche quelli generalisti. Ci siamo abituati a tutto: tanta cucina, qualche affare di cuore, manie e fobie varie, maternità, integrazione culturale. Mancava giusto la morte, per abbattere l’ultimo tabù televisivo e confezionare un programma nuovo di zecca per la tv italiana. Si tratta di Morti e Stramuorti, il docu-reality prodotto da Kimera e che debutta stasera, alle 21, su Explora HD, il canale di divulgazione scientifica e culturale targato De Agostini (canale 415 del bouquet Sky).

Gli spettatori potranno seguire le vicende quotidiane della famiglia Dell’Anno, napoletana al 100% e titolare di una delle aziende di pompe funebri più antiche della città. I Dell’Anno sono quelli che alle falde del Vesuvio chiamano “schiattamuorti”. Becchini, necrofori, “cassamortari”, chiamateli come volete, l’importante è che non vi lasciate impressionare dal loro ambiente di lavoro. Tra casse di mogano, rovere o frassino, urne cinerarie, manifesti mortuari e fiori di ogni foggia e colore, i Dell’Anno contribuiranno, grazie all’inossidabile cliché della napolitanità, a migliorare il nostro rapporto con la Nera Signora.

In pratica si tratta di una famiglia di “funeral planners”, pronti ad accompagnare i loro clienti con cura e meticolosità nell’ultimo viaggio della loro vita. L’azienda si trova a San Giovanni a Teduccio, e i Dell’Anno (Umberto e i tre figli Francesco, Massimo e Mirko) possono contare sull’aiuto di cinque divertentissimi collaboratori: Federico O’ Caposquadra, Lello O’ bello, Gabriele O’ Sciupafemmine, Aziz O’ Ma rocchino e Roberto O’ Stagista (evidentemente c’è precarietà anche in un settore decisamente a tempo indeterminato come il loro).

Confezionare un programma del genere senza risultare irrispettosi nei confronti di un tema così delicato e da millenni tabù per eccellenza dell’umanità non deve essere stato facile. Eppure il format sembra esser riuscito a miscelare gli ingredienti in maniera convincente: c’è il grande rispetto nei confronti della morte, ma anche tanta ironia che aiuta a convivere con un mestiere del genere e con la paura tutta umana della dipartita da questo mondo. Una delle prime immagini del primo degli otto episodi di questa prima stagione è forse il simbolo perfetto della filosofia alla base di tutto: Massimo Dell’Anno, la moglie Susy e il piccolo Lorenzo salgono su un carro funebre fiammante targato Mercedes e raggiungono lo studio medico del ginecologo, per l’ecografia a un mese dalla nascita della secondogenita Silvia: l’inizio e la fine, il cerchio della vita che non si chiude mai.

Ovviamente non poteva mancare un minimo di kitsch post-mortem, con funerali in gondola a Venezia o carrozze funebri trainate da cavalli bardati a lutto. E visto che siamo a Napoli, ecco spuntare le partite della squadra di casa e tanta musica neomelodica, con la cantante partenopea Nancy Coppola che canterà tutte le sigle di chiusura degli episodi del programmi.
E mentre aspettiamo stasera per gustarci questo divertente docu-reality che ha come protagonista niente meno che la morte, possiamo fare un salto sul minisito creato ad hoc , un vero e proprio vademecum per neofiti dell’affascinante mondo degli “schiattamuorti”. La sfida di Morti e Stramuorti è quella di divertire e intrattenere parlando di un mestiere così particolare e sempre al centro di superstizioni e diffidenze. La sfida di noi telespettatori, invece, è quella di goderci i 30 minuti di ogni episodio senza cedere alla pur comprensibile tentazione di abbandonarsi ai soliti gesti apotropaici.