Ambiente & Veleni

Dall’Amazzonia all’Ilva, la buona coscienza degli inquinatori nel libro ‘Legami di ferro’

E’ uscito il libro ‘Legami di ferro‘, scritto da Beatrice Ruscio. Il libro parla di due disastri ambientali: uno a Taranto, ben conosciuto, e uno in Amazzonia, sconosciuto ai più.

In Amazzonia infatti viene estratto il minerale di ferro che arriva a Taranto e poi è trasformato in acciaio nell’Ilva di Taranto. Il libro racconta il viaggio di PeaceLink in Amazzonia per creare dei legami di solidarietà fra le due comunità che subiscono un pesante inquinamento. E’ un inquinamento parallelo, accomunato dalla stessa materia prima. ‘Legami di ferro’, appunto.

Nel libro viene raccontato un particolare che mi ha sconcertato. Si legge infatti che varie fondazioni e organizzazioni ecologiste, che promuovono la tutela delle foreste, sono sostenute dalla Vale tramite il Fundo Vale. Basta andare sul sito del Fundo Vale per vedere i progetti di tutela della foresta Amazzonica che godono dello sponsor Fundo Vale.

Ma cosa è la Vale? La Vale è una grande multinazionale brasiliana che estrae minerale di ferro per le acciaierie. E’ accusata dai missionari comboniani di provocare gravi danni ambientali e sociali nell’Amazzonia.

Provate a scrivere su Google: Vale, Amazzonia, Nigrizia. Vi usciranno tante pagine web nelle quali i missionari hanno tentato di sollevare il problema sotto il profilo etico oltre che ecologico. Ma se i missionari comboniani da una parte l’accusano, dall’altra la Vale riceve premi per i rispetto dell’ambiente. E’ una multinazionale pluripremiata.

Vi ricordate Chico Mendez? Fu ucciso perché difendeva la Foresta Amazzonica.

La Vale in Brasile ha ricevuto il Selo Verde do Prêmio Socioambiental Chico Mendes, concesso dall’Istituto Internazionale di Ricerca e Responsabilità Socioambientale intitolato a Chico Mendes. Ma dalla Svizzera è arrivato anche un premio di segno opposto.

La multinazionale Vale è stata ‘premiata’ come ‘peggior multinazionale’ del mondo (Public Eye Awards 2012) per la sua “storia lunga 70 anni e macchiata da ripetute violazioni dei diritti umani, saccheggio del patrimonio pubblico e sfruttamento spietato della natura”. Queste sono le motivazioni del “contro-premio”.

La Vale – rispondendo alle accuse – si è giustificata dichiarando di essere “a conoscenza che l’attività mineraria produce forti impatti ambientali” e che si impegna “a controllarli e ridurli”. E il miglior modo per farli sembra proprio essere quello di sostenere vari progetti “ecologici” tramite il Fundo Vale, un’organizzazione promossa dalla stessa multinazionale Vale. Si va dal monitoraggio ambientale, alla tutela delle aree verdi, alla promozione dei municipalità attente alla sostenibilità ecologica.

Eccone un elenco delle organizzazioni ‘ecologiche’ che beneficiano degli aiuti della Vale.

Non vi è nulla di segreto, è tratto dal sito del Fundo Vale e riporta fra virgolette traduzioni fedeli.

Il Fondo Vale ha come partner istituzionali anche importanti organizzazioni come Avina, Unesco,  Forest Trends, Ara e Iniciativa Amapá (formata dal Governo dello Stato di Amapá e la organizzazione privata Conservação Internacional). Tutto ciò è documentato nel libro “Legami di ferro”, oltre che sul sito web del Fundo Vale.

Da un simile istruttivo elenco di “buone opere” ricaviamo un importante insegnamento: oggi il consenso delle associazioni ambientaliste e delle fondazioni è strategico. Saranno le associazioni ambientaliste a fare la differenza nell’orientamento della pubblica opinione. Lo hanno capito bene le multinazionali, anche quelle accusate di inquinare.

Chi subisce tale accusa oggi è capace di ribaltare la visione della realtà se aiuta i progetti ecologici di chi è contro l’inquinamento e se ingaggia un buon dialogo con quelli che un tempo erano i suoi acerrimi nemici.

Gramsci chiamerebbe tutto ciò egemonia. Stiamo passando dal conflitto al dialogo con chi inquina. Specie se chi inquina non lo fa “abusivamente”.