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Benzinai, verso riforma della rete nel ddl Concorrenza. Ma tanti sono contrari

Secondo la grande distribuzione il testo messo a punto da industria petrolifera, sindacati e "retisti" è anacronistico e reintrodurrà vincoli e barriere. Molte aziende poi lamentano che la chiusura dei punti vendita non redditizi ridurrà il gettito fiscale e i posti di lavoro creando oneri sociali a carico della collettività

La riforma della rete carburanti potrebbe andare a finire dentro il disegno di legge sulla concorrenza. L’annuncio è stato dato dal sottosegretario allo Sviluppo economico, Simona Vicari, al termine di un tavolo ad hoc con tutti gli operatori del settore. Nei mesi scorsi l’Unione Petrolifera, i sindacati dei benzinai e una parte degli imprenditori privati (i ‘retisti’) hanno infatti stilato un testo con l’obiettivo di ridurre e modernizzare le stazioni di benzina. L’idea è “pochi ma buoni”, in modo che il gestore possa avere margini adeguati per fare concorrenza e ridurre i prezzi. Il testo è piaciuto al ministero, che si è impegnato a presentarlo in Parlamento come emendamento al ddl Concorrenza, dopo eventuali modifiche. Ma molti tra i soggetti coinvolti sono pronti a dare battaglia.

“Siamo molto soddisfatti che dopo 40 anni i gestori e le organizzazioni dei produttori abbiano trovato un accordo unitario sulla razionalizzazione della rete. Quelli proposti sono punti buoni e, dopo aver fatto alcune verifiche tecniche, li potremmo inserire già nel ddl Concorrenza. Abbiamo circa un mese, il ministero lavorerà per farcela”, ha detto Vicari. I punti principali della proposta sono la creazione di un’anagrafe di tutti gli impianti per verificare eventuali incompatibilità ambientali, la rimozione dei punti vendita incompatibili (anche con multe e chiusure forzate), una moratoria sulle bonifiche con il permesso di chiudere gli impianti bonificando solo la parte sopra il suolo. Infine è prevista anche una stretta sulle nuove aperture: ad esempio i nuovi impianti potranno sorgere solo nelle zone a destinazione commerciale, artigianale e industriale, con l’esclusione delle aree agricole.

Nonostante la soddisfazione del ministero, tuttavia, la strada è ancora in salita e il tempo stringe. Il ddl sulla concorrenza è ora in discussione alla Camera e, come ha detto Vicari, bisognerà arrivare a un punto entro massimo un mese. Cosa non facile. In primis, perché nel provvedimento è già prevista una norma che cancella l’obbligo di inserire il “terzo prodotto“, come Gpl o metano, per l’apertura di nuovi distributori. Una norma su cui si è battuta in più di una occasione l’Antitrust, proprio per eliminare le barriere per l’entrata di nuovi operatori. Ma che contrasta con i piani di riduzione dei punti vendita proposti fin qui (meno barriere, più distributori). Anche per questo il ministero ha previsto un prossimo incontro con il Garante. Il governo riuscirà a trovare la quadra?

Inoltre, sono in molti ad essere contrari al testo messo a punto da industria petrolifera, sindacati e retisti. E chiedono di essere ascoltati. La grande distribuzione lamenta di non essere stata affatto coinvolta. È un testo “di parte”, sostiene Federdistribuzione. Contiene “misure contrarie ai principi nazionali ed europei di liberalizzazione dei mercati”. Misure “anacronistiche”, secondo la gdo, e “volte a reintrodurre vincoli e barriere con l’obiettivo di ostacolare il gioco concorrenziale, frenando l’ingresso di nuovi attori, riportando il mercato verso una situazione che sembrava ormai superata”.

Anche un gruppo di imprenditori privati e benzinai nelle settimane scorse ha disconosciuto il testo. La proposta sul tavolo – sostengono le imprese – “non è il frutto di un vero confronto democratico“. In particolare le aziende lamentano che le norme ipotizzate non produrrebbero benefici per il consumatore. Al contrario. La chiusura dei punti vendita “provocherebbe effetti negativi tanto per la tenuta dell’intero sistema imprenditoriale del settore quanto per gli effetti sull’occupazione e per i conseguenti oneri sociali che verrebbero posti a carico della collettività (minor gettito fiscale per lo Stato collegato all’accisa)”. Inoltre, la rimozione forzata degli impianti può “generare un complesso contenzioso presso i Tribunali amministrativi regionali”. E infatti anche le Regioni hanno chiesto un maggior ruolo nella vicenda, soprattutto nella gestione delle incompatibilità.

Infine, Federpetroli sottolinea che così il governo sta lasciando “la rete in mano all’Unione Petrolifera”. Scelta “totalmente distruttiva per la categoria”. Al contrario, “se veramente si vuole razionalizzare la rete e non cannibalizzarla, il principio deve partire dall’interesse del consumatore”.