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Unioni civili: una pensione in eredità. Lo scoglio del ddl

Uno dei principali ostacoli all’approvazione del disegno di legge sulle unioni civili è che il loro riconoscimento porterebbe a maggiori costi per l’aumento del numero delle pensioni di reversibilità. L’attesa di vita dei superstiti e la redistribuzione dai single agli sposati.

di Sandro Gronchi e Riccardo Conti (Fonte: lavoce.info)

Reversibilità e sistema contributivo

Il disegno di legge sulle unioni civili non sembra avere vita facile. Uno degli scogli è il costo della reversibilità estesa ai “civilmente uniti”. Ma è davvero un problema?
Il sistema contributivo eroga prestazioni equivalenti alla contribuzione versata. In assenza di reversibilità come in Svezia, l’equivalenza è garantita spalmando il montante contributivo sugli anni che, mediamente, restano da vivere dopo il pensionamento. Semplificando, si può dire che la pensione “irreversibile” è calcolata dividendo il montante per la vita attesa.

La reversibilità implica che al divisore sia aggiunta la vita attesa del coniuge superstite, cioè gli anni che gli restano da vivere dopo la morte del pensionato ‘diretto’. Tuttavia, gli anni aggiunti “pesano di meno” perché il superstite non sempre esiste e ha comunque diritto a una quota della pensione diretta. Ancora semplificando, se la quota è del 60 per cento (come in Italia) e il superstite esiste nell’80 per cento dei casi, ogni anno che concorre alla vita attesa di quest’ultimo pesa quanto il 48 per cento di uno che concorre alla vita attesa del pensionato diretto. Perciò, al divisore del montante occorre aggiungere solo il 48 per cento della vita attesa del superstite.

Poiché il divisore è più grande, la pensione reversibile è inferiore a quella irreversibile. Questa è una delle ragioni che spiegano la superiorità dei tassi di sostituzione svedesi rispetto a quelli italiani.

Reversibilità e unioni civili

L’estensione della reversibilità agli “uniti civilmente” farà aumentare la percentuale dei pensionati diretti che lasciano un superstite e di conseguenza il peso della vita attesa di quest’ultimo. Ne seguiranno divisori più grandi e pensioni più basse. La riduzione dell’importo medio delle pensioni bilancerà il maggior numero di quelle ai superstiti. La dimensione dei due fenomeni, comunque in grado di neutralizzarsi senza aggravio strutturale della spesa, dipenderà dal numero delle unioni e sarà probabilmente contenuta dalla contemporanea riduzione della “propensione al matrimonio”.

Va infine ricordato che, in assenza di correttivi, la reversibilità genera redistribuzioni inique dai single (che non possono lasciare un superstite) ai coniugati in senso ampio, inclusi i futuri uniti civilmente (che possono farlo). Infatti, i contributi versati dai primi concorrono a finanziare la reversibilità dei secondi.

È perciò auspicabile che, nel contesto di una generale revisione del claudicante sistema contributivo italiano, l’istituto della reversibilità sia ridisegnato, anche accettando di diversificare i divisori in base allo stato civile al pensionamento. Un disegno liberale dovrebbe lasciare ai lavoratori la possibilità di scegliere la reversibilità della propria pensione, oltre che la quota reversibile e il superstite beneficiario. Del resto, così avviene nel secondo pilastro. La poco conosciuta duttilità del modello contributivo consente di fare tutto ciò senza costo alcuno.

* Sandro Gronchi è Presidente del Corso di Laurea in Relazioni Economiche Internazionali dell’Università ‘La Sapienza’ di Roma, dove tiene corsi di Economia Politica, Econometria e Welfare. Da oltre venti anni, si interessa delle conseguenze economiche dei mutamenti demografici, overlapping generations, generational accounting e teoria dei sistemi pensionistici. Dal 1985 al 1998 ha avuto la responsabilità scientifica dei modelli della Ragioneria Generale dello Stato per la previsione della spesa previdenziale. Negli anni 1991 e 1992 è stato consulente della Direzione Generale del Tesoro per il decollo della previdenza complementare (D.Lgs.124/1993). Nel 1995 è stato consulente del Governo Dini per la riforma ‘contributiva’ del sistema pubblico a ripartizione (L. 335/1995). Nel 1996 è stato advisor del Ministro del Tesoro (Ciampi) per la ricapitalizzazione del Banco di Napoli. Negli anni 1997 e 1998 è stato consulente del Mediocredito Centrale per il contenimento del costo del lavoro nella Sicilcassa e nel Banco di Sicilia. Negli anni 1997‑2000 è stato consulente della Direzione Generale del Tesoro per la costituzione del ‘Fondo di Solidarietà per il Sostegno del Reddito, dell’Occupazione e della Riconversione e Riqualificazione Professionale del Personale Dipendente delle Imprese di Credito. Negli anni 1998 e 1999 è stato consulente della Banca d’Italia per la liquidazione di Isveimer S.p.A..
Riccardo Conti è dottore in Analisi Economica, si occupa di sistemi pensionistici e modelli di micro-simulazione. Collabora con la Fondazione Giacomo Brodolini.