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Stadio Calderòn: il Tribunale di Madrid si oppone alla demolizione

Un piano urbanistico per cancellare 50 anni di storia. La chiamano Operación Calderón, progetto voluto dal Comune di Madrid, con l’appoggio del club Atletico Madrid, che prevede la demolizione dello stadio Vicente Calderón, per lanciare un intervento urbanistico fatto di palazzoni residenziali e torri di oltre 36 piani. L’operazione speculativa, avviata nel 2008 con la firma di una convenzione tra il Municipio e il club sportivo, non era piaciuta a frange di colchoneros, soprannome che identifica bonariamente i sostenitori dell’Atletico, i quali riuniti nell’associazione Segnali di fumo hanno deciso di passare dallo sterile disappunto espresso sui social alle azioni utili a bloccare il piano di trasformazione urbanistica.

Un primo ricorso dell’associazione fu accolto dal Tribunale Superiore di Giustizia già nel 2012, secondo i giudici madrileni il progetto contrastava con una legge regionale del 2007 sulla programmazione urbanistica la quale fissa in quattro piani l’altezza massima degli edifici dell’area. Più che violazione di un’astratta norma urbanistica per i tifosi dell’Atletico si tratta della profanazione di una storia. L’impianto fu finanziato sul finire degli anni ’50 con l’emissione di obbligazioni del club sottoscritte da migliaia di soci, l’idea di vedere quel tratto di riva del fiume Manzanares – teatro dei riti calcistici della Madrid a strisce bianche e rosse – trasformato in un anonimo parco residenziale non entusiasma i sostenitori più romantici della squadra allenata dal ‘Cholo’ Simeone. Il nuovo stadio dovrebbe costruirsi a La Peineta, all’altro capo della capitale spagnola, con investimenti che superano i 200 milioni di euro.

Così mentre l’Atletico, nella stagione 2013-2014, giocava il miglior football dei suoi travagliati 111 anni di storia, come racconta Miguel Mora, ex corrispondente de El País a Roma e attuale direttore di Contexto, nel libro El año de nuestras vidas (edizioni B), è continuata una battaglia combattuta con timbri e carte bollate tra la dirigenza del club e parte della tifoseria.

Nell’ottobre del 2014 nelle aule della Cassazione si annullava per un vizio formale la sentenza del Tribunale Superiore, intanto negli uffici del municipio capitolino venivano cambiate le norme per garantire l’esecuzione di un nuovo progetto, il precetto sui limiti di altezza non si sarebbe applicato ai terreni edificabili prima dell’entrata in vigore della legge del 2007. Il progetto rivisitato nel 2014 sembrava essere al riparo da romanticismi e da pericolose interpretazioni giurisprudenziali.

Non è andata così: lo scorso 13 aprile una pronuncia del Tribunale Superiore di Giustizia ha nuovamente annullato il piano urbanistico comunale perché in contrasto con le limitazioni poste all’altezza degli edifici. Una sentenza che invalida solo il precedente progetto, superato dalle varianti adottate lo scorso anno, il provvedimento, tuttavia, secondo i più avrà riflessi sull’intera pianificazione, troppo invasiva per il comparto. Forse è il definitivo tramonto di un piano speculativo che avrebbe ridotto in polvere le gradinate di uno stadio e, con esse, l’identità stessa della comunità colchonera.