Sport

Il Comitato paralimpico diventa ente pubblico. Ma il campione rischia di smettere

Un movimento che sta per ottenere il riconoscimento atteso per anni. E il campione olimpico che rischia di dover abbandonare le gare a causa della mancanza di risorse. Sono le due facce dello sport dei disabili in Italia: quella sorridente è del Comitato italiano paralimpico (Cip), che presto festeggerà la trasformazione in ente pubblico. Quella triste di Matteo Betti, bronzo nella scherma a Londra 2012, che per un risultato sfortunato ha perso i contributi per la preparazione atletica. Una fotografia in chiaroscuro che rappresenta bene speranze e difficoltà di un movimento abituato da sempre a fare i conti con ristrettezze e difficoltà.

IL CIP DIVENTA ENTE PUBBLICO
Lo scorso 31 marzo la Commissione Affari Costituzionali del Senato ha approvato un emendamento che è destinato a cambiare la storia del paralimpismo: quando entrerà in vigore la riforma della pubblica amministrazione (il ddl 1557, verosimilmente entro la fine del 2015), il Cip diventerà un ente pubblico, alla pari del Coni e non più subordinato ad esso. Un traguardo che il presidente del Comitato, Luca Pancalli, ha inseguito a lungo. “Non è stata una battaglia di potere”, spiega il presidente a ilfattoquotidinao.it. “Riconoscerci significa rendere finalmente pubblico l’interesse del Paese per l’attività sportiva delle persone disabili, che non sarà più una cosa che si confonde fra tante ma una priorità”.

FONDI CERTI E NUOVI PROGETTI
Gli effetti saranno anche pratici, innanzitutto economici: la trasformazione in ente pubblico vincolerà il governo a garantire un finanziamento annuale, senza dover ricorrere più ogni volta a provvedimenti diversi (come ad esempio la manovra, o il milleproroghe), in maniera posticcia. “Se fino ad oggi io ho sempre dovuto andare a cercare, a volte anche elemosinare, il finanziamento, adesso sarà una responsabilità dello Stato stanziare ogni anno un importo, esattamente come avviene per il Coni“. E questo al di là delle cifre, che dovrebbero restare pressoché invariate (circa sei milioni di euro l’anno, spiccioli a confronto degli oltre 400 milioni che spettano al Coni).

Il riconoscimento giuridico, poi, permetterà al Cip di sedersi al tavolo con Ministeri e Asl da pari a pari, per stipulare convenzioni e lanciare nuovi progetti. “Stiamo già immaginando dei campus in tutta Italia, sul modello di quanto avviene all’estero, dove le persone disabili possano fare riabilitazione sportiva subito dopo la fase acuta del trauma, provare varie discipline, scoprire le loro abilità residue”. “Solo così – prosegue – rendendo lo sport uno strumento sociale, il paralimpismo in Italia farà davvero il salto di qualità. E ampliando la base della piramide, anche la punta e i risultati più squisitamente agonistici ne beneficeranno”.

LA STORIA DI BETTI: DALLE MEDAGLIE ALLA CRISI
Il futuro si annuncia migliore, il presente invece continua a riservare difficoltà per tutto il movimento. Lo sa bene Matteo Betti, una delle stelle della nazionale di scherma: dopo aver vinto tanto in carriera e aver conquistato una medaglia di bronzo nella spada a Londra 2012, oggi rischia di dover abbandonare le competizioni. Colpa di un cortocircuito nei criteri di assegnazione dei contributi da parte del comitato: “Nel 2013 – spiega Matteo – ai Mondiali di Budapest sono arrivato ‘solo’ quinto. Ma è bastato questo piccolo passaggio a vuoto a declassarmi“. Betti, che faceva parte del club paralimpico e delle Fiamme Azzurre, ha perso tutto in un colpo solo: è uscito per una questione di punteggi dalla prima cerchia, e una delibera della giunta Cip ha stabilito che solo atleti del club potessero far parte delle società sportive. Risultato: i circa 700 euro per la preparazione sono svaniti nel nulla. “Ma a me quei soldi servivano, perché avendo una disabilità lieve non ricevo alcun assegno di invalidità e per mantenermi devo lavorare”.

Adesso la partecipazione di Betti alle prossime Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016 è in dubbio: “Ormai riesco ad allenarmi solo quando riesco a riempire la macchina con Blablacar e rientrare della spesa della trasferta. Il mio livello sta scendendo e i risultati in pedana si vedono, la tentazione di mollare è tanta”. E dal Cip per il momento tutto tace: “Mi avevano detto di stare tranquillo ma nessuno mi chiama da mesi”. “Io – conclude – chiedo solo di fare l’atleta e di andare a Rio a difendere la mia medaglia. Spero che mi sia data la possibilità di farlo”. Magari anche grazie alla riforma del Comitato paralimpico, che presto diventerà realtà.

Twitter: @lVendemiale