Diritti

Ddl tortura: l’ennesima rivoluzione annacquata

Dalla tragedia alla farsa: il reato di tortura diventa uno spot renziano. Fino a ieri si tergiversava, poi Strasburgo fa fare all’Italia una figura vergognosa e con il solito gioco delle tre carte renziane, la Camera approva in tempi da record il testo che dovrebbe introdurre il reato di tortura nel nostro ordinamento. Purtroppo, a parte il titolo solenne del ddl, man mano che si scorre il testo si capisce che l’annunciata rivoluzione copernicana a scoppio ritardato altro non è se non una lancia spuntata. Per fortuna, le Convenzioni internazionali e lo Statuto della Corte Penale dell’Aja offrono un’interpretazione autentica dell’oggetto e sono un ottimo antidoto contro lo strabismo parolaio del renzismo, ossia teoria e prassi che prendono due strade diametralmente opposte.

La proposta di legge C.2168 approvata a tempo di record è paradigmatica: si impossessa del concetto di tortura, stravolgendone de facto i principi. A cominciare dalla stessa fattispecie: la tortura, nel diritto internazionale, è un crimine contro l’umanità. E i crimini contro l’umanità non vanno in prescrizione. L’articolo 29 dello Statuto di Roma (il trattato internazionale istitutivo della Corte penale internazionale) sul tema è di una semplicità disarmante: “I crimini sottoposti alla giurisdizione della Corte non si prescrivono”. La tortura in salsa italica, invece, fa di testa sua: i termini di prescrizione, pur raddoppiando, rimangono.

Ma anche lasciando da parte la prescrizione, è la stessa filosofia alla base della legge, a non funzionare: la tortura, come ormai sedimentato nella giurisprudenza internazionale sui diritti umani, è assolutamente un reato proprio del pubblico ufficiale. Il nuovo testo, invece, lo considera un reato comune, con un’aggravante se commesso dalle divise. Un po’ come equiparare uno squilibrato che sequestra e sevizia l’amata che lo ha respinto con le torture alla Bolzaneto: per la maggioranza di governo sono quasi la stessa cosa. Naturalmente il primo caso non è meno raccapricciante del secondo ma il secondo ha una dimensione ed un contesto pubblici (l’abuso di potere, l’utilizzo improprio di equipaggiamento pubblico, la violazione dei codici di condotta e di quello deontologico, etc.) che al primo mancano.

Meglio questo compromesso al ribasso che di efficace ha solo il preambolo? Luigi Manconi ha ragione a dire “meglio questa legge mediocre che il nulla” ma il problema è che la montagna renziana ha partorito l’ennesimo topolino: 31 anni per una legge annacquata che ignora persino le Convenzioni internazionali da cui ha avuto origine.