Cultura

‘Naturalmente zoppica un po” segna la nascita di una nuova coppia comica in teatro

Sono proprio le storie più semplici quelle che danno la possibilità agli attori di emergere in tutta la loro forza sulla scena. Sono proprio le drammaturgie lineari che riescono a far emergere il divertimento nel recitarle, nel mettersi al servizio non tanto delle parole quanto della fisicità, del gesto e dell’incontro con l’altro sul palco. E’ il caso della nuova produzione di Guascone Teatro, piccola compagnia dei dintorni pisani che ha sulle proprie spalle due teatri, quello di Bientina e quello di Casciana Terme, ed un festival estivo che va da giugno a settembre, Utopia del Buongusto. Qui, sempre sulla falsa riga di un teatro brillante ma che mai scada né nel volgare né tanto meno in un ridere sguaiato e becero, si produce. Festeggiano i venticinque anni su e giù dal palco.

Andrea Kaemmerle, il capocompagnia, dopo l’esperienza con il gruppo musicale I Gatti Mezzi, con i quali ha creato due piece, fonda adesso il suo nuovo sodalizio con il suo alter ego Riccardo Goretti. E dopo Zona torrida arriva questo Naturalmente zoppica un po’ (scritto da Alessandro Schwed, in arte Jiga Melik tra gli autori della mitica rivista satirica Il Male, elegante nella sua maglietta dei Led Zeppelin) dal sapore ebraico klezmer, più Woody Allen che Moni Ovadia per intenderci, più Train de vie che David Grossman. Difficile da profani entrare nel mondo ebraico. E’ quello che più inceppa e distoglie di questo Naturalmente infarcito da termini, storie, metafore, nomi propri di un universo a noi lontanissimo.

In una scena divisa con tre porte, due ai lati ed una centrale, le porte della conoscenza di Panikkar o quelle della percezione di Huxley, stanno i corrispettivi del diavolo e dell’acqua santa, una sorta di Camillo e Peppone in salsa yiddish. Da una parte un diavoletto tentatore, quasi un puk indomito ed imprevedibile mandato in terra per convincere i giusti e i puri a trasgredire le regole, e dall’altra un giovane a pochi giorni dal farsi rabbino, ‘l’extravergine’, in senso stretto, e lontano da pensieri lussuriosi. La locandina ha già suscitato piccoli problemi agli autori: vediamo tre cabine da stabilimento balneare con sopra le scritte ‘Vergini’, ‘Uomini’ e ‘Puttane’ sotto le quali spuntano le teste dei tre protagonisti. Qualcuno nel paese ha stracciato i cartelloni, altri hanno chiesto spiegazioni al sindaco.

Se Il Piccolo Diavolo (Kaemmerle ci ricorda un mix tra il primo Benigni e Carlo Monni, parla come Boskov, ride come Fracchia e odora di aringa invece che di zolfo) riuscirà a far traballare nelle sue certezze il quasi rabbino (Riccardo Goretti spalla che scatena la reazione) avrà un premio negli inferi, sarà in qualche modo contrattualizzato a tempo indeterminato senza più precariato e non sarà rispedito sulla Terra per tentare altri incorruttibili ma si potrà godere il meritato riposo. In un confronto serrato, giocato sull’ironia, s’instilla la dialettica del dubbio; il diavoletto (sottolineato dalle musiche dei Black Sabbath) porta scompiglio ma anche punti interrogativi alle troppe certezze ferree e ferme del religioso convinto dell’unica verità possibile e plausibile. Goretti, del resto, aveva già lavorato sugli aspetti del Vecchio Testamento con The Big Bible (con C. Masella, G. Aiazzi, P. Scalzi).

Quindi il diavolo non come svantaggio o sfortuna ma come apertura, respiro intellettuale, chiarimento, domande per migliorare il pensiero. Chi zoppica un po’ è il diavolo ma anche la storia. Certamente non zoppicano i due che ben si compenetrano, si sostengono, si appoggiano. Una nuova coppia comica è nata. La frase: “Il roveto arde ma non brucia”. “Non so, non mi intendo di giardinaggio”.

Visto al Teatro delle Sfide di Bientina (Pi) il 27 marzo 2015