Società

Andreas Lubitz, tagliagole e lupi solitari: alla base delle tragedie c’è la follia sociale

Ogni nuova tragedia riempie i tg spazzando via le altre notizie dai palinsesti televisivi e il problema più importante diventa di volta in volta: il terrorismo, le inondazioni, le centrali atomiche, la guerra, la criminalità, la corruzione, la droga, la violenza domestica.

Poi ci sono le notizie di secondo piano, quelle che non aumentano gli ascolti. Notizie che non sono sostenute da una bella schiera di cadaveri simultanei perché se i morti sono a rate non fanno notizia. Basti pensare che l’amianto in Italia ha fatto più morti di tutte le azioni terroristiche in Europa negli ultimi 40 anni. I barboni per strada, l’inquinamento, gli incidenti d’auto sono argomenti di contorno.

È una logica che funziona per vendere gli spazi pubblicitari ma porta alla difficoltà di comprendere in che mondo viviamo e come possiamo migliorarlo.

Il modo di pensare oggi dominante spezzetta i problemi. La salute di una persona viene vista come il prodotto del buon funzionamento degli organi. Se un organo si ammala lo si cura così da ristabilire l’equilibrio. A volte questo approccio funziona. Ma se il mio malanno ha cause complesse (stress, vita sedentaria, tristezza, alimentazione pessima, aria schifosa) ho difficoltà a risolvere qualche cosa curando l’organo malato senza cambiare la situazione che ha provocato la malattia. La visione globale della salute si diffonde lentamente non solo per colpa di certi medici. La maggioranza dei pazienti non vuole avere a che fare con dottori che ti dicono che devi cambiare modo di vivere (Sergio Caputo cantava: tu dici vai dal medico, ma che ci vado a fare, non voglio mica smettere di bere e di fumare).

Questa logica che vede i particolari e non l’insieme ha effetti disastrosi se la si applica alla società umana. Il nostro mondo è un organismo profondamente malato perché fondato sull’ingiustizia anziché sull’amore. Il primo passo per migliorare la nostra vita è comprendere che tutti i disastri sono collegati.
Le mille forme della violenza e della prevaricazione si sostengono l’una con l’altra: la mancanza d’amore, la violenza contro donne e bambini, la miseria, lo sfruttamento dei popoli, la guerra, la criminalità sono le facce dello stesso problema. Il barbone che dorme in strada, a quattro passi dal tuo appartamento confortevole è una silenziosa minaccia. Ti dice che se fai un passo falso la società non avrà nessuna pietà per te.

Nel grandioso film Bowling a Columbine, Michael Moore cerca di capire perché in Usa ci siano tanti morti ammazzati. Spesso si crede che la causa sia l’enorme quantità di armi in mano ai privati. Ma in Canada ci sono più armi in giro ma molti meno morti; e non solo rispetto agli Usa ma anche ai paesi europei dove le armi sono pochissime. Moore individua altri fattori determinanti come l’assistenza sanitaria gratuita che in Canada esiste e negli Usa no, la quantità di ore dedicate dalle tv agli omicidi, una cultura delle relazioni più aperta (la maggior parte dei canadesi non chiude a chiave la porta di casa).

Per capire cosa sta succedendo dobbiamo rovesciare il punto di vista dominante: lo squilibrio della nostra società e il poco peso della cultura della solidarietà generano mostri.
Il politico che ruba e il pilota che porta alla morte 150 persone che neanche conosce sono solo sintomi diversi della stessa malattia che genera anche il pazzo tagliagole dell’Isis, il marines che si fa il selfie mentre tortura un iracheno e il mafioso che scioglie un bambino nell’acido. Sono manifestazioni della follia sociale. Certo dobbiamo combattere singolarmente ogni crimine in modo diverso. Ma è necessario comprendere che la madre di tutte le battaglie è contro le cause del male perché i sintomi si possono tenere a bada ma non eliminare se non si smette di alimentare la malattia.

Quando sento dire che possiamo fermare il terrorismo o debellare la criminalità opponendo soltanto la violenza alla violenza mi vien da ridere (o da piangere, se sono depresso).
Per fortuna si sente anche qualcuno, ogni tanto, che dice come stanno le cose. Il presidente Mattarella è il solito democristiano ma lo ha detto che il terrorismo si debella solo cancellando la miseria. E pure il Papa superstar lo ha detto. Il concetto comincia a farsi strada…

Difficile però far passare appieno l’idea nel suo insieme (c’è un rapporto tra la noia scolastica, l’assenza di vera educazione alla passione e al godimento per l’arte e il numero di rapine in banca…).
Difficile ma non impossibile. Anche perché il mondo va veloce e le soluzioni parziali ai problemi durano poco.

Alla fine degli anni ’80 il terrorismo delle Br che avevano una struttura stabile e centinaia di militanti, venne spazzato via. Insieme a pochi mi trovai a scrivere che avevano cancellato il terrorismo organizzato ma che avremmo dovuto poi fare i conti con terroristi meno organizzati e più sanguinari. È quello che vediamo adesso. Ma già si vede che cancellare questo terrorismo dei lupi solitari non potrà portare alla risoluzione del problema perché già avanza una nuova forma di terrore: un uomo solo che impazzisce e usa un aereo carico di passeggeri per fare strage e urlare che odia l’umanità.

Quel che prima o poi si dovrà ben capire è che la nostra società e enormemente complessa e che oggi un singolo pazzo può fare danni immensi.
Ed è essenziale che si capisca questo alla svelta e si inizi a mettere al primo posto la cultura della solidarietà.

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