Diritti

Utero in affitto e oltre: la maternità sociale

Qualche riflessione intorno alla notizia dei coniugi milanesi assolti il 24 marzo dal Tribunale di Milano dall’accusa di aver falsificato il certificato di nascita dei loro due gemelli nati da utero in affitto a Kiev con fecondazione assistita di tipo eterologo. L’utero in affitto non è reato: “Il fatto non sussiste”.

Leggiamo continuamente giudizi crudeli e infamanti ogni qualvolta si parla di ricorso ad utero in affitto, dimenticando le storie di umanità e dolore che le accompagna. Non c’è forza né ragionevolezza nelle loro argomentazioni, né fede nell’umano o pietas per le donne che si massacrano il corpo e l’anima per avere un figlio. C’è solo paura. O magari interesse privato, come nel caso di D&G che dovendo pubblicizzare la loro nuova linea di moda ispirata alla tradizione religiosa siciliana e alla famiglia, hanno espresso idee contro i “figli sintetici”.

La maternità surrogata in Italia è vietata. Non rappresenta altresì una violazione alla legge il fatto che una coppia porti nel nostro Paese un figlio avuto in questo modo, semmai si contesta agli imputati la menzogna sull’identità della madre del neonato. In Ucraina invece la pratica è legale anche nel caso in cui oltre che surrogata è eterologa, a condizione che almeno il 50% del patrimonio genetico appartenga alla coppia committente e che gli ovociti non siano della gestante.

Sono ormai una ventina nel nostro Paese i casi di coppie che negli ultimi anni hanno fatto ricorso all’utero in affitto, e non solo in Ucraina. Solo due le coppie condannate, a Brescia e a Varese.

La vicenda dei coniugi di Varese vanta anche il primato di essere il primo caso di maternità surrogata arrivato in Tribunale. È accaduto nel 2011 e la coppia, sessantenne, condannata a febbraio del 2014 per “alterazione di stato” – reato derubricato poi in “falsa attestazione a pubblico ufficiale” – per aver dichiarato di essere genitori di due gemelli nati a Kiev.

Stesso copione ma con esito più crudele il caso della coppia di Brescia. Nel 2011 in Ucraina i coniugi cinquantenni ricorrono a maternità surrogata con patrimonio genetico totalmente esterno alla coppia da cui nasce il bimbo che dichiarano come proprio.

Nel primo grado di giudizio i giudici, per la menzogna dei genitori committenti di essersi dichiarati genitori biologici, avevano predisposto che il bambino fosse loro tolto e dato in adozione. La coppia aveva poi chiesto alla Cassazione di lasciargli il bambino dacché  “i tempi sono maturi perché l’Italia provveda ad individuare i valori condivisi dalla comunità internazionale armonizzandoli con il sistema interno”. Pur considerando che su questo tema il Consiglio d’Europa lascia i Paesi membri liberi di darsi regole, i giudici hanno tenuto conto del fatto che l’ordinamento italiano non prevede la surrogazione e a novembre 2014 predispone l’adozione del bambino non potendolo restituire alla madre surrogata resasi irrintracciabile dacché aveva deciso di non figurare sul certificato di nascita del bimbo.

L’ultima sentenza di assoluzione del 24 marzo u.s. – “il fatto non sussiste” – in merito alla coppia milanese che ha dichiarato in Ucraina la nascita dei due gemelli nati da madre surrogata e registrati in Italia come figli propri e assolti, “il falso c’è ma risulta un falso innocuo”, tenendo conto anche di recenti sentenze della Corte europea che, al contrario, condannando, si consumerebbe una violazione dell’articolo 8 della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo rifiutando di riconoscere “valore legale alla relazione tra un genitore e i propri figli nati all’estero da maternità surrogata”. È il caso di una sentenza del 27 gennaio 2015, dove la Seconda Sezione della Cedu ha condannato l’Italia al pagamento di 30.000 euro di danni e rimborsi a favore di una coppia alla quale giudici italiani avevano sottratto il figlio nato da maternità surrogata. La Corte ha ritenuto violato il diritto dei coniugi alla vita privata familiare.

Certo è che nel nostro Paese la legislazione non dispone di forme alternative di comunicazione dei dati anagrafici relativi a bambini nati da utero in affitto, lasciandoli così senza tutela. Per la vicenda di Brescia è il caso di chiedersi però se è preferibile, nell’interesse del bambino, togliere quel bambino a genitori surrogati con i quali è stato fin dalla nascita e darlo in adozione a sconosciuti, o lasciarlo con chi lo ha fortemente voluto e mutuamente fatto nascere.

Sarebbe opportuno, se proprio volessimo scandalizzarci e gridare alla disumanità, chiederci come è possibile che nel 2014 – secondo i dati dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) – oltre 358.000 donne sono morte a causa di complicazioni legate alla gravidanza o al parto, e che 10 milioni di donne soffrono di lesioni, infezioni o malattie a causa di una gravidanza.

In quanto alle nuove pratiche tanto temute, certe cose sono irreversibili. Tutto ciò che la scienza potrà realizzare sarà realizzato. Anche se questo significherà rivedere il nostro concetto di “umano”. L’utero in affitto è già superato. Nuove storie umane recitano parole come social freezing (crioconservare i propri ovociti) ed ectogenesi (utero artificiale).