Lavoro & Precari

Province, in ritardo le liste dei dipendenti da trasferire. Per 5mila slitta mobilità

Entro l'1 aprile gli enti soppressi avrebbero dovuto preparare gli elenchi dei lavoratori in esubero da trasferire ad altre amministrazioni pubbliche. Ma il censimento non è pronto. E solo una Regione, la Toscana, ha varato una legge ad hoc per disciplinare l'assorbimento del personale provinciale

A fine gennaio il governo aveva deciso che i 20mila dipendenti in esubero delle Province avrebbero potuto essere piazzati non solo in Comuni e Regioni, ma anche negli uffici giudiziari a corto di personale. Ma sarà difficile che accada a breve. Perché, come rivela Il Messaggero, gli enti in teoria aboliti dal ddl Delrio non hanno rispettato l’ultimo obbligo a loro imposto dalla legge di Stabilità: compilare entro l’1 aprile gli elenchi dei lavoratori destinati ad essere trasferiti ad altre amministrazioni. Alla deadline manca una settimana ed è già chiaro che che nessuno si è mosso per tempo. Molti enti locali hanno anzi intenzione di rimandare tutto a dopo le elezioni amministrative. Facendo di conseguenza slittare ancora tutta l’attuazione della riforma che ne riorganizza le funzioni.

A essere in ritardo non sono peraltro solo le vecchie Province – abolite ma neanche tanto, considerato che molte hanno poi continuato a nominare dirigenti – la cui dotazione organica è destinata a ridursi del 50%. Anzi, i principali indiziati sono le Regioni, che avrebbero dovuto approvare leggi ad hoc con cui disciplinare il passaggio di alcune funzioni e del relativo personale. Da realizzarsi attingendo alle liste di mobilità in cui sono destinati a finire i dipendenti delle province che sono privi dei requisiti per andare in pensione entro il 31 dicembre 2016 e non lavorano presso i centri per l’impiego (questi ultimi, circa 8mila, dovrebbero confluire nella futura Agenzia nazionale per l’occupazione). L’unica ad aver varato il provvedimento, scrive il quotidiano romano, è la Toscana, mentre in Veneto, Liguria, Marche, Umbria, Campania e Puglia, dove a fine maggio si andrà alle urne, il rischio è che il problema venga rimandato a settembre.

Nel frattempo, 5-6mila persone destinate alla mobilità restano in bilico. E a loro si sommano i circa 3mila appartenenti alla Polizia provinciale, che non possono essere trasferiti nei corpi nazionali a causa della differenza retributiva. Per l’11 aprile Cgil, Cisl e Uil hanno indetto una manifestazione unitaria a Roma con l’obiettivo di accendere l’attenzione sul rischio che “a pagare le conseguenze della solita spending review all’italiana siano i cittadini, con il taglio dei servizi essenziali, e i lavoratori, con l’impossibilità eventuale di non riuscire a ricollocare tutto il personale coinvolto dal riordino presso altri enti pubblici”.