Lobby

Banche popolari, l’arrembaggio della politica in nome del Territorio. E dei voti

I consiglieri della maggioranza lombarda hanno proposto addirittura l'introduzione di una "golden share" nel capitale degli istituti a favore delle Regioni. E il governatore Maroni si associa alla crociata. Ma (per fortuna) non ha i soldi. I banchieri delle popolari però ci sperano, e invocano pure l'aiuto delle fondazioni

Paradossale dirlo in tempi di crisi, ma per fortuna mancano i soldi. Quei soldi, 260 milioni, che la regione Lombardia non esiterebbe un istante a spendere per acquistare azioni delle banche popolari lombarde (Bpm, Ubi, Popolare di Sondrio…) con l’obiettivo di allearsi con gli altri soci per salvaguardare il credito sul territorio e i livelli occupazionali. Una volontà espressa dai consiglieri della maggioranza lombarda che a margine del convegno sulle banche popolari da loro stessi organizzato, propongono addirittura l’introduzione di una “golden share” a favore delle Regioni. Il presidente della Lombardia, Roberto Maroni, sottoscrive la proposta: “Ci interessa, la valuteremo”. Si consuma così l’ennesimo tentativo della politica di (ri)mettere le mani sulle banche, sostituendo le Regioni allo “Stato banchiere” dei tempi andati.

E i cosiddetti banchieri delle Popolari, che della commistione tra affari e politica sono i grandi sacerdoti, sono pronti ad accogliere qualunque alleato a braccia aperte per la loro crociata in nome della trinità Territorio-Famiglia-Impresa e delle loro poltrone. Carlo Fratta Pasini, presidente del Banco Popolare, chiede addirittura alle fondazioni bancarie di intervenire, di “dare un contributo affinché le popolari restino un modello di banca del territorio”. Ha precisato poi che si tratta di “un ragionamento astratto, una sorta di chiamata alle armi su chi potrebbe concorrere a creare una base stabile di azionisti per una banca che vuole continuare la sua missione di popolare”.

In effetti è un’iperbole: le fondazioni nascono dalla riforma Amato del 1990 che si poneva l’obiettivo di separare la politica dall’attività bancaria per modernizzare il sistema e sono azionisti di peso dei principali gruppi bancari italiani (Intesa Sanpaolo, Unicredit, lo stesso Monte dei Paschi…). Che ora le fondazioni nate dalle casse di risparmio divengano anche soci “forti” delle popolari la dice lunga sulla lungimiranza di questa proposta.

Ma queste due prese di posizione – quella di Maroni e quella di Fratta Pasini – fanno capire più e meglio di qualunque ragionamento quale cultura ruoti attorno al sistema delle popolari e alla retorica del Territorio (con la “T” maiuscola): serbatoio di voti, fonte di potere, poltrone e favori.