Cultura

James Ellroy: in ‘Perfidia’ il suo racconto di un’America senza scrupoli, che dimentica in fretta

"E’ il mio romanzo più ampio, il mio romanzo più dettagliato sul piano storico, il mio romanzo più accessibile stilisticamente e più intimo. E’ triste, è malinconico, è imbevuto di quel tradimento morale che è stato, in America, l'internamento dei cittadini giapponesi all'inizio della Seconda guerra mondiale”, ha detto lo scrittore statunitense a proposito del suo nuovo libro

È il 6 dicembre del 1941, il giorno prima dell’attacco giapponese alla base americana di Pearl Harbor. In una casa di Los Angeles vengono ritrovati i corpi senza vita dei Watanabe, una famiglia nipponica della classe media. Suicidio rituale o strage? Poco importa. Quei quattro morti sono l’occasione buona per dare il via all’internamento di 120 mila cittadini giapponesi in dieci “campi di trasferimento” lungo la West Coast e scatenare la caccia alle streghe contro i “gialli”, sospettati di fare il doppio gioco con il nemico: una vergogna realmente accaduta ma dimenticata in fretta. Un tradimento nato dall’odio razziale verso una delle comunità più ricche e integrate della California, dal quale James Ellroy parte per addentrarsi tra gli angoli oscuri della Storia americana e raccontare le ossessioni, le paranoie e i deliri che hanno attraversato gli Stati Uniti prima e dopo l’entrata nella Seconda guerra mondiale. C’è tutto questo nel suo nuovo romanzo “Perfidia” (tradimento appunto in spagnolo e titolo di una canzone di Glenn Miller del ‘41), che esce oggi in Italia (Einaudi stile libero big, 22 euro) e rappresenta il primo atto della nuova tetralogia noir di Los Angeles: il prequel di quella composta da “Dalia Nera”, “Il Grande Nulla”, “L. A. Confidential” e “White Jazz”.

La storia si snoda lungo l’arco di 23 giorni, descritti da Ellroy con la solita feroce lucidità. Le fila della trama sono mosse da alcuni personaggi già conosciuti in altri lavori (il poliziotto corrotto Dudley Smith, l’affascinante infiltrata Kay Lake, gli sbirri Lee Blanchard e Buzz Meeks) e da nuovi protagonisti, come Hideo Ashida, tecnico nippoamericano della scientifica (“l’unico giapponese impiegato dal dipartimento di polizia di Los Angeles), che cerca di salvare la sua famiglia dall’internamento. Ma nelle quasi 900 pagine troviamo anche figure realmente esistite (il futuro capo della polizia William Parker, il gangster ebreo Mickey Cohen, Clark Gable, Bette Davis). Le loro vite si intrecciano tra le strade sporche di Los Angeles e le feste dorate di Hollywood: affollate da politici, attori, pervertiti, assassini e artisti del ricatto; e sullo sfondo delle quali vanno in scena omicidi, amori e tradimenti. Per ognuno di loro il “caso Watanabe” si trasforma in un’ossessione. Ma rappresenta anche l’opportunità per rincorrere e realizzare senza nessuno scrupolo i propri interessi.

Ellroy per accompagnare il lettore fino all’ultima pagina di questa incalzante detective story utilizza il suo stile tipico. Le immagini sono flash: brevi e abbaglianti. Le parole vengono scagliate sulla pagina come una serie micidiale di ganci e montanti che annientano la guardia e costringono all’angolo fino al k.o. Il ritmo non dà via di scampo. “È il mio romanzo più ampio, il mio romanzo più dettagliato sul piano storico, il mio romanzo più accessibile stilisticamente e più intimo. È triste, è malinconico, è imbevuto di quel tradimento morale che è stato, in America, l’internamento dei cittadini giapponesi all’inizio della Seconda guerra mondiale”, ha commentato lo scrittore, che con questo secondo quartetto (al quale va aggiunta la trilogia di “American Tabloid”) centra il suo obiettivo: mettere a nudo e distruggere la storia americana come nessun altro prima di lui è riuscito a fare.