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Cina, il documentario che cambia il clima del regime

“Prima che nascesse mia figlia non ho mai prestato attenzione all’inquinamento. Non ho mai portato la mascherina”. Comincia come una confessione personale, il documentario autoprodotto che sta conquistando la Cina. Distribuito su internet, è una vera e propria bomba mediatica. Ne parlano tutti, i social media sono impazziti. Almeno 100 milioni di visualizzazioni in poco meno di tre giorni. Si chiama Qiongding zhi xia (Under the Dome) ed è una denuncia accorata e documentata delle conseguenze della sete energetica cinese sulla salute umana. Di fatto attacca le organizzazioni più potenti del paese. Dai potentati del carbone e del petrolio fino al ministero dell’Ambiente e alle banche di Stato. Ma molti di coloro che hanno lavorato al documentario provengono dalla Cctv e sicuramente hanno grande esperienza dei media di Stato. Non puntano mai direttamente il dito contro il governo, ma l’imputato è chiaro. Ogni anno in Cina ci sono tra le 350 e le 500mila morti premature legate all’inquinamento atmosferico. Si potrebbe quasi parlare di un’epidemia. E il governo, cosa fa?

vengono dall’industria petrochimica. Sono il 60 o 70 per cento, in alcuni dipartimenti superano addirittura il 90 per cento”.

E ancora. Molte delle industrie che consumano più carbone e petrolio, ad esempio le acciaierie, sono di fatto vive solo grazie ai sussidi delle banche di Stato. “Il governo non dovrebbe aiutare le industrie obsolete e inquinati. Quello che dovrebbe fare è offrire, in maniera imparziale, opportunità per le industrie del futuro”. Chai Jing conclude con un accorato appello all’azione: “Se ci guardiamo alle spalle, la lotta dell’umanità contro l’inquinamento è fatta di migliaia di persone comuni che un giorno hanno detto: Non sono soddisfatto. Non voglio aspettare né delegare. Voglio prendere posizione e fare qualcosa. Qui, adesso”. Lei l’ha fatto. Ora la palla passa al governo.

Il Fatto Quotidiano, 3 marzo 2015