Politica

Lega Nord, vaffanculo, cori per il Duce e “zecche”: Salvini e il Carroccio “romano”

La Capitale non è più ladrona ma "civile e colorata". C'è molto grillismo mascherato: i vaffa, lo Stato strozzino, "noi amici dei poliziotti". Poi il segretario assicura che destra e sinistra ormai non esistono più. Ma in piazza si vedono foto di Mussolini e croci celtiche, si sentono cori per il Duce. E anche il dizionario si fa più duro: "Zecche, infami, parassiti". Così la parte più simpatica diventa Bossi che fa le corna mentre fanno una foto sul palco

Il nordismo diventa definitivamente autonomismo: dal palco chiama a raccolta i sardi, i salentini, i siciliani. Roma non è più ladrona, bensì “una città civile, una città stupenda, colorata”. C’è molto grillismo mascherato, con tutti quei vaffanculo tirati a casaccio, lo Stato strozzino e ladro, Equitalia, noi i più grandi amici dei poliziotti. E soprattutto quando il fascismo “non gli compete”, quando dice di non distinguere tra destra e sinistra, perché lo scontro tra fascisti e comunisti appartiene allo studio della storia. E però di neofascismo è piena la piazza alla quale Matteo Salvini parla per un’ora. Anzi, ne sale un pezzetto anche sul palco, quando a parlare arriva Di Stefano, il vicepresidente di Casapound. I suoi amici arrivati in piazza del Popolo in corteo hanno fatto il loro imperiale ingresso alzando le mani con i saluti romani. Un gruppo di persone – tra un intervento e l’altro – invoca con un coretto nientemeno che il Duce. Una fotografia immortala invece un leghista con una specie di labaro con la scritta “Salvini ti aspettavo” corredata da una immagine marziale di Mussolini. Nel frattempo sono state viste sfilare anche alcune croci celtiche. 

Nessuno tra i leghisti sembra essersi imbarazzato: né la base né i vertici, e ci sono tutti. Da Salvini a Roberto Maroni e a Luca Zaia (che si adegua al’atmosfera: “Torneremo in Regione e gli faremo un culo così”), da Roberto Calderoli a Umberto Bossi. Eppure il leader del Carroccio è capace di dire che “facciamo quello che dovrebbe fare la sinistra”. Ma il dizionario che usa e il bagaglio che si porta dietro è in realtà tendente a tutt’altra area di riferimento. La difesa di Putin come “alleato contro il terrorismo” all’indomani dell’assassinio di uno dei suoi oppositori è solo un assaggino. “Zecche”, “parassiti”, “infami” sono le categorie politiche che utilizza il capo dei leghisti. Zecche sono coloro che manifestano contro di loro. Infami coloro che vogliono riformare la Rai tagliando i telegiornali da 5 a 1. La folla inizia a mandare a fanculo Renzi e poi Alfano e allora Salvini ridacchia: “Siamo un po’ ruspanti”. Ruspanti ma consapevoli, visto che sottolinea di voler parlare anche a chi “ci segue in tv o su internet”.

E allora cosa resta della Lega che fu, davanti agli occhi di chi l’ha inventata, il Senatur? Il problema dei 160mila rom, innanzitutto: “Nella nostra Italia non c’è spazio per i campi rom. La casa la compri, l’affitti ma non puoi più campare alle spalle degli italiani. Vai a fare il rom da qualche altra parte”. Gli immigrati che arrivano sui barconi: “Riportateli a casa loro” grida volendo farsi sentire dalla Marina militare, i cui appartenenti “non si sono arruolati per fare gli aiuto scafisti”. Resta il diritto di difendersi anche a costo di uccidere: “L’eccesso di legittima difesa non esiste”, ribadisce tra gli applausi, “se vieni a casa mia in piedi può darsi che tu esca steso”. E infatti ha la maglia “Io sto con Stacchio” il benzinaio intervenuto con un fucile durante un assalto a una gioielleria nel Vicentino sparando (e uccidendo) uno dei banditi. “Tra le guardie e i ladri stiamo con le guardie”, scandisce nel giorno in cui finiscono a processo un commercialista e un imprenditore coinvolti nel caso Belsitonel quale la Lega non è parte civile proprio per decisione di Salvini.

All’inizio di un comizio aperto da una musica da videogame di battaglie fantasy Salvini ha estratto dal repertorio degli argomenti di destra anche la cultura. Cioè: quanto è difficile per uno di destra fare cultura perché la sanno fare solo a sinistra (“Il teatro a chi ha merito, Sanremo a chi ha merito, la Rai a chi ha merito”). Vuole rispondere a Renzi che aveva detto che i leghisti non leggono libri. E cita, avviando un Moulinex, Don Milani, Oriana Fallaci e la scrittrice armena Antonia Arslan. “È difficile fare cultura, teatro e cinema se non sei di sinistra. Perché se non sei di sinistra non sei abbastanza colto, non sei abbastanza intelligente – polemizza Salvini – Gli uomini di sinistra leggono un sacco di libri, peccato che poi non li capiscano. Io ne leggo due ma ne capisco due”. Il frullatore diventa una centrifuga. Tra i temi che dovrebbero essere studiati e invece no, insiste Salvini, ci sono le foibe, la tragedia del Vajont e il genocidio degli armeni. Quest’ultimo, aggiunge, “per mano turca che qualche matto vorrebbe fare entrare in Europa”. Senza ricordare che non vuol dire niente se è vero che il genocidio c’è stato anche in Europa e anche più di recente e se ne macchiò il Paese che ora è la colonna dell’Unione europea. In quel Paese, la Germania, furono sterminate milioni di persone insieme a quel Mussolini invocato da qualche sparuto gruppo di piazza del Popolo che nessuno ha allontanato, additandolo. Così finisce che a risollevare tutto ci pensano le corna di Bossi a Zaia durante una foto di gruppo.