Cultura

Naomi Berrill, “From the ground” è l’album d’esordio della violoncellista

Un disco in cui il barocco di Henry Purcell si intreccia alle canzoni senza tempo di Nick Drake; l’ethos pacifista di Pete Seeger sposa il romanticismo di Schumann e Debussy e l’orgoglio sincopato di Nina Simone. E poi sfilano insieme Bach, Charlie Winston, Elis Regina, Marco Ambrosini, Susanna Wallmrod

Imbraccia il suo violoncello come fosse una chitarra piena di poesia, lasciata per sbaglio sulla terra da qualche angelo in ricognizione disperata: parliamo di Naomi Berrill, giovane e deliziosa musicista irlandese, ma italiana d’adozione. Per non dire della sua voce: elegiaca, fatata, sognante. Da questo incontro di panorami dell’anima, da questa jam di orchestre emozionanti per cameretta, viene fuori il suo album di debutto, “From the ground” (etichetta Musicamorfosi), splendida e soffusa rilettura in chiave personalissima di generi ritenuti di norma incompatibili tra di loro. Nella concezione musicale della Berrill, il barocco di Henry Purcell si intreccia alle canzoni senza tempo di Nick Drake; l’ethos pacifista di Pete Seeger sposa il romanticismo di Schumann e Debussy e l’orgoglio sincopato di Nina Simone. E poi sfilano insieme Bach, Charlie Winston, Elis Regina, Marco Ambrosini, Susanna Wallmrod, Avishai Cohen, Blossom Dearie, Erroll Garner, Lisa HanniganPascal Pinon… Ci si innamora seduta stante della sua visione magica e aperta del suono.

From the ground è stato concepito tra Firenze, Roma e Milano, passando per la Scozia, e naturalmente per l’Irlanda. Artista onnivora, Naomi restituisce tutti i suoi ascolti, frutto di un’educazione sentimentale trasversale, totale: ma quali steccati tra pop e musica classica, siamo nel 2014. Viaggiare incessantemente, da Glasgow ad Amsterdam, dal Canada alla Svizzera e infine l’Italia, l’ha aiutata poi molto: in ogni posto dove ha studiato e vissuto la cantante-violoncellista ha assorbito un elemento. Il folk della sua terra natìa si è così progressivamente fuso, in lei, al jazz, al barocco, al pop d’autore. E alla sua cifra odierna hanno contribuito anche numerosi excursus artistici, come la collaborazione con i La Crus e col coreografo (e direttore della Biennale danza di Venezia) Virgilio Sieni, quella col New York City Ballet, e con Giovanni Sollima. “From the Ground” contiene tredici arrangiamenti coraggiosi, favolosi, compreso un inedito, una perla di un minuto e cinquanta secondi firmata Almut Schlichting.

Ecco la tracklist:
From the Morning, scritta da Nick Drake e pubblicata nel 1972.
Between the Bliss and Me, di Vincent Courtois, compositore e violoncellista, un brano del 2006.
Feelin’ Groovy, di Paul Simon, registrata nel 1967.
A New Ground, del compositore inglese Henry Purcell, datata XVII Secolo.
Where Have all the Flowers Gone?, canzone contro la guerra di Pete Seeger, anno 1955.
Softly, As in a Morning Sunrise, tratta dall’operetta “The New Moon” di Romberg & Hammerstein, 1928.
Kind im Einschlummern, dalla Suite per piano solo Kinderscenen, Op.15 del compositore tedesco Robert Schumann.
Baubles, Bangles and Beads, String Quartet in D di Alexander Borodin, testo di Robert Wright & George Forrest.
For Maupai, l’unico brano inedito, scritto dalla mia amica Almut Schlichting.
Lifesaver, di Emiliana Torrini.
Black is the Colour, traditional folk song scozzese.
The Lark in the Clear Air, traditionale irlandese, testo scritto da Samuel Fergusson.
Claire de Lune, dalla Suite Bergamasque per piano solo di Claude Debussy.
We’ll Meet Again, canzone resa celebre dalla cantante Vera Lynn nel 1939.