Diritti

Immigrazione: la Grecia di Tsipras chiude i Cie. E l’Italia?

Il nuovo governo di Alexis Tsipras, in Grecia, ha annunciato la chiusura del Cie di Amygdaleza, il centro di identificazione ed espulsione recentemente passato alla cronaca per il suicidio di un migrante recluso e per una serie di ronde violente messe in atto dagli agenti del centro nei confronti degli immigrati. Una struttura già denunciata dai media greci per le terribili condizioni in cui vivevano i soggetti detenuti, tra la mancanza dei più elementari diritti civili e la totale assenza delle necessarie norme igienico sanitarie.

Il governo Tsipras ha inoltre annunciato la progressiva chiusura di tutti i Cie del Paese, inizialmente rilasciando i soggetti più vulnerabili (minori non accompagnati, donne incinte, anziani, malati, vittime di tortura etc) e successivamente proponendo un’opzione alternativa alla detenzione, come l’obbligo di firma al commissariato di polizia e la dichiarazione della propria residenza.

Nel frattempo, nel Cie di Ponte Galeria a Roma, due migranti si sono tagliati le vene all’altezza dell’incavo interno del gomito e hanno successivamente ingoiato le lamette per protesta contro le condizioni in cui sono costretti a vivere. In contemporanea, 13 richiedenti asilo sono stati espulsi dal centro accoglienza Namastè di Roma, per aver protestato contro la mancata erogazione del “pocket money”: il kit igienico mensile e la diaria di 2,5 euro data in forma di beni (abbonamento per il trasporto urbano, ricariche telefoniche, tabacchi e buoni pasto). Dopo l’ordinanza di revoca delle misure di accoglienza da parte della Prefettura i 13 giovani si ritrovano dunque a vivere per strada, con la sola colpa di aver rivendicato qualcosa che gli spettava per legge. Un diritto che gli era stato negato, insieme all’erogazione del cibo e dell’acqua calda, a seguito del commissariamento della cooperativa che gestiva il centro, Eriches Coop. 29 giugno, coinvolta nell’inchiesta Mafia Capitale.

Un’indagine che ha ampiamente dimostrato quanto sbagliato e dannoso possa essere il sistema di accoglienza attualmente in vigore. Un modus operandi che, solo a Roma, ha già portato a 37 arresti, insieme a centinaia di indagati che certamente si moltiplicherebbero se si decidesse di estendere le investigazioni su tutto il territorio nazionale.

Gare d’appalto truccate con accordi per la spartizione dei centri, personale carente o poco qualificato, servizi non corrisposti e strutture non a norma, fino a sconfinare nello sfruttamento della prostituzione, traffico di droga e giri di estorsioni.

Anche per questa ragione la Confederazione Usb (Unione sindacale di base) di Roma e Lazio ha organizzato la manifestazione del 23 febbraio, contro l’inefficiente sistema di accoglienza italiano e i numerosi scandali che lo hanno coinvolto. Richiedenti asilo, rifugiati, migranti e operatori del settore, uniti per denunciare la condizione di abbandono di centri spesso privi dei servizi minimi di assistenza, sprovvisti di riscaldamento e acqua calda e tenuti in piedi da operatori sottopagati, con contratti precari e turni di lavoro massacranti.

La protesta si oppone inoltre alla vergognosa campagna strumentale secondo la quale i richiedenti asilo e i migranti riceverebbero fino ai 40 euro al giorno di soldi pubblici. Una falsità spesso portata avanti da esponenti politici per riscuotere facile consenso, che puntualmente omettono di spiegare come questa cifra, solitamente più bassa, venga destinata alle cooperative in base a una valutazione sui costi di gestione dei centri, di cui solo un paio di euro vengono destinati agli immigrati per le loro piccole spese quotidiane.

La manifestazione intende inoltre commemorare le circa 330 vittime che hanno recentemente perso la vita negli ultimi naufragi nel Mediterraneo, che già hanno riaperto la polemica sulla chiusura dell’operazione Mare Nostrum e sulla totale inadeguatezza di Triton. Il nuovo sistema di pattugliamento delle frontiere era stato peraltro già bocciato dagli stessi analisti di Frontex, che in un documento del 28 agosto 2014 avevano previsto l’incremento di morti che già oggi ci ritroviamo ad aggiungere alle statistiche.