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Grecia, la Bce concede altro ossigeno alle banche: 68,3 miliardi di euro

Il consiglio dell'Eurotower, presieduto da Mario Draghi, ha deciso che gli istituti di credito ellenici potranno contare ancora per due settimane sulla "flebo" dell'Emergency liquidity assistance. Senza quei soldi non potrebbero far fronte al crollo dei depositi registrato negli ultimi due mesi

Il consiglio della Banca centrale europea ha dato via libera a fornire altra liquidità d’emergenza alle banche della Grecia nell’ambito del programma di finanziamento Emergency liquidity assistance (Ela), una misura di emergenza che permette alle singole banche centrali nazionali di erogare denaro agli istituti in temporanea difficoltà. La disponibilità di risorse sale a 68,3 miliardi dai 65 vigenti fino ad oggi e gli istituti ellenici potranno accedervi per altre due settimane. Una boccata di ossigeno vitale, visto che solo in gennaio i correntisti greci spaventati dalla prospettiva di un possibile blocco dei prelievi in caso di uscita del Paese dall’Eurozona hanno ritirato dai depositi oltre 15 miliardi di euro. Costringendo gli istituti, solo la scorsa settimana, a far ricorso ai fondi di ultima istanza dell’Ela per l’ammontare monstre di 51,7 miliardi, dopo i 5,85 miliardi dei precedenti quindici giorni.

La decisione dell’Eurotower è arrivata dopo un pomeriggio segnato da un colloquio telefonico tra il ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis e il segretario del Tesoro statunitense Jack Lew, che ha ventilato “immediate difficoltà” se la Grecia non raggiungerà un accordo sul debito con gli altri Paesi dell’Eurozona e il Fondo monetario internazionale.

Gli Usa spingono per un accordo – “Il segretario del Tesoro Usa mi ha detto effettivamente che un mancato accordo danneggerebbe la Grecia”, ha confermato Varoufakis via Twitter, ma “ha aggiunto che danneggerebbe anche l’Europa”. Insomma: si è trattato di “un avvertimento a entrambe le parti”. E in effetti l’interpretazione è la stessa contenuta nell’editoriale di oggi del New York Times, secondo il quale “essere tollerante con la Grecia e darle più spazio di manovra è l’unica scelta corretta che l’Europa può fare oggi” perché “non c’è dubbio che il programma di austerity ha dato prova di essere profondamente sbagliato”. Secondo il quotidiano Usa, insistere nella difesa del “principio sacrosanto” per cui “un Paese deve sempre ripagare i suoi debiti e il successo dell’euro dipende proprio dal rispetto delle regole da parte di ognuno” non ha senso nel momento in cui “la pericolosa possibilità di un default della Grecia e di una nuova crisi nell’Eurozona sono diventati molto reali”.


Merkel non fa sconti, ma la Bild ammonisce: “Salvare la Grecia, vale più dei miliardi” – Un appello rimasto però inascoltato dalle parti di Berlino, visto che la cancelliera Angela Merkel, durante un convegno del suo partito, ha avuto modo di ribadire che “gli aiuti ai paesi indebitati” vanno concessi “solo in cambio di riforme” e “la solidarietà non è una strada a senso unico, ma piuttosto una faccia della stessa medaglia, e sarà sempre così”. Il primo ministro tedesco non si è fatto evidentemente commuovere nemmeno dalla lettera pubblicata dalla Bild (pubblicata dall’editore conservatore Axel Springer, grande supporter di Merkel): un accorato appello a “salvare la Grecia” perché “che cosa sono i miliardi contro Omero, Aristotele, Socrate? Il denaro è niente, il pensiero conta” e la Grecia, che vanta “la lingua più antica d’Europa”, “vale più di tutti i miliardi”.

Il negoziato sul debito resta in stallo – Insomma, due giorni dopo il fallimento dell’Eurogruppo che si è riunito a Bruxelles lunedì per cercare una soluzione sull’estensione del programma di aiuti, la situazione resta di stallo e le posizioni molto distanti. Atene ha rinviato a mercoledì mattina la richiesta di una proroga dell’accordo sottoscritto dai precedenti governi, che peraltro non rappresenterà un grosso passo avanti: il governo guidato da Alexis Tsipras vuole infatti estendere solo l’accordo relativo ai prestiti, ma senza portare avanti le politiche di austerità previste dal memorandum sottoscritto dai precedenti esecutivi con la troika, il trio dei creditori formato dalla stessa Bce, dalla Ue e dal Fondo monetario internazionale, che nel complesso hanno prestato al Paese oltre 240 miliardi di euro. Nonostante questo Varoufakis ostenta fiducia, anticipando che la richiesta della Grecia di estendere l’accordo sul prestito “sarà scritta in modo da soddisfare sia la parte greca sia il presidente dell’Eurogruppo”. “Se continueremo in questo clima – ha aggiunto il ministro – giovedì nel gruppo di lavoro dell’eurozona allora ci sarà una conclusione positiva a livello tecnico, e venerdì in teleconferenza la posizione greca sarà approvata”.

Atene pubblica le proposte: proroga dei prestiti per 3-6 mesi, in cambio niente “haircut” – Per mettere in chiaro una volta per tutte quale sia la propria posizione e far tacere le critiche di chi accusa il Paese di non aver supportato adeguatamente le richieste, Atene intanto ha reso pubbliche le proposte avanzate da Varoufakis ai colleghi dell’Eurozona nei giorni scorsi, con tanto di condizioni considerate “accettabili” per il prolungamento del prestito. I documenti mostrano che il governo Tsipras è disposto a una linea più flessibile di quanto i duri toni anti-austerità apprezzati dagli elettori facciano pensare. Nel dettaglio, per esempio, ai partner Ue si promette di non compiere alcuna azione che faccia deragliare il bilancio, non mettere in atto un nuovo taglio del valore del debito (“haircut“) come quello deciso giocoforza nel 2012 e “chiedere consiglio” prima di legiferare sull’accumulo di morosità da parte dei contribuenti e sui prestiti non performanti detenuti dalle banche. In cambio, Atene vuole per prima cosa l’estensione del prestito per un periodo di durata compresa tra tre e sei mesi, da utilizzare per creare un “terreno comune” e poi ridiscutere i termini dell’accordo. La Grecia suggerisce poi che gli 1,9 miliardi di euro di interessi pagati dai bond greci detenuti dalla Banca centrale europea vengano trasferiti direttamente al Fmi, che dovrebbe accettarli come pagamento della rata del suo prestito.