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Cassa Depositi, Bassanini mette mani avanti contro vigilanza di Bankitalia

Nel caso in cui la controllata Sace si trasformasse in un istituto di credito come previsto nel decreto delle banche popolari, Cdp sarebbe sottoposta a vincoli più stringenti. E avrebbe meno margini di manovra nelle decisioni di investimenti da fare con i risparmi degli italiani

L’idea che Cassa Depositi e Prestiti possa essere sottoposta al controllo di Bankitalia proprio non va giù a Franco Bassanini. Il numero uno di Cdp, custode dei risparmi postali degli italiani, lo ha detto chiaramente lunedì durante un’audizione alla Camera. Facile, del resto, capirne il motivo. Nel caso in cui la controllata Sace si trasformasse in un istituto di credito come previsto nel decreto delle banche popolari, Cassa Depositi e Prestiti sarebbe infatti sottoposta a vincoli più stringenti imposti da via Nazionale. Con il risultato che Cdp si vedrebbe costretta “a dismettere una parte importante del nostro portafoglio di partecipazioni e a ridurre le risorse a disposizione dell’economia del Paese”. Detta in altri termini, Bassanini e la Cdp avrebbe meno margini di manovra nelle decisioni di investimento fatte con i soldi dei risparmiatori italiani.

Per il numero uno di Cdp non è però ancora detta l’ultima parola. Il futuro della Cassa dipenderà infatti da quali saranno le condizioni di Bankitalia per autorizzare l’attività creditizia di Sace. “Se si decidesse di assoggettare a vigilanza Bankitalia tutta la Cdp, non solo Sace, le conseguenze potrebbero essere rilevanti” ha precisato il presidente di Cdp annunciando l’aumento del plafond per il credito all’export da sei a dieci miliardi. Nel caso in cui Cdp finisse sotto la vigilanza di via Nazionale, “dovremo ragionare di come rientrare invece di aumentare il sostegno all’economia”. Sotto Bankitalia, sarebbe infatti necessario “rispettare ratio più stringenti” come ha spiegato il numero uno della Cassa, che per la Corte dei Conti ha sempre più il ruolo di braccio finanziario del governo.

Proprio in virtù di questo ruolo, Bassanini ha invitato governo e parlamento a “valutare bene altre possibili criticità” della trasformazione dell’assicuratore del credito all’export Sace in una vera e propria banca. Inoltre ha chiesto di verificare se l’ipotizzata metamorfosi di Sace sia compatibile con le normative europee e non si configuri come “una violazione delle regole sul divieto di aiuti di Stato e sulla concorrenza”. Secondo il numero uno di Cdp, sarebbe opportuno evitare anche solo il rischio che Eurostat possa imporre all’Istat un consolidamento delle passività della Cdp nel debito pubblico. Uno scenario molto negativo che tuttavia non è condiviso dall’ad di Sace Alessandro Castellano, che non vuole lasciarsi sfuggire l’occasione di trasformare l’assicuratore del credito in una sorta di banca di sistema a sostegno dell’export. “Noi non faremo la banca commerciale – ha spiegato – vogliamo essere complementari al sistema bancario”.

Ma Bassanini non è convinto che la strada tracciata da Renzi sia quella giusta. Al punto che, nella sua audizione, ha annunciato di aver pronto nel cassetto un “progetto alternativo “per la creazione di un grande polo finanziario a sostegno dell’export italiano” sul modello di Francia e Germania. Un piano diverso secondo in cui lo “Stato agisce tramite una concessionaria privata” evitando che Cdp finisca sotto il cappello e il controllo di Bankitalia.