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Ucraina, a Minsk vincono i ribelli. Bene Putin, Merkel e Hollande. Ko Kiev e Ue

Vincitori e vinti della maratona diplomatica in Bielorussia. Bruxelles ha perso: alle trattative Lady Pesc non c'era. Poroshenko incassa 40 miliardi ma subisce gli accordi. I separatisti filorussi ottengono più autonomia e territorio, mentre il leader del Cremlino Putin è stato riaccolto nella comunità internazionale. Buono il risultato per Berlino e Parigi: sono loro l'Ue nel mondo

Chi ha vinto? Chi ha perso nell’estenuante maratona di Minsk per bloccare l’escalation di un conflitto che spaventa l’Europa e che ha indotto Barack Obama ad alzare i toni contro il Cremlino: “Se Putin prosegue con la sua strategia aggressiva, la Russia vedrà aumentare il prezzo da pagare”?

Bruxelles ha perso: alle trattative Lady Pesc non c’era
Un perdente certo è Bruxelles, cioè l’Unione Europea, scavalcata bellamente dall’iniziativa della cancelliera tedesca Angela Merkel e dal presidente francese François Hollande, che dai giorni tragici degli attentati di Parigi, sembra essere politicamente rigenerato, tanto da aver cambiato decisamente registro in autorevolezza e dinamismo, portando la Francia di nuovo al centro della diplomazia internazionale. Altra sconfitta è Lady Pesc, Federica Mogherini – alto rappresentante dell’Ue per gli Affari Esteri e la politica di sicurezza: di fatto è stata spodestata del suo ruolo, spettatrice ai margini dei momenti più delicati e decisivi della crisi ucraina e “saltata” a piè pari dall’azione congiunta non solo di Parigi e Berlino, ma anche di Mosca e Kiev. Lei si è difesa – non sono mancati i soccorsi giornalistici…- dicendo di avere “agito nell’ombra”, e che in fondo l’azione Merkel-Hollande è frutto di una proposta “europea”: più geografia che geopolitica. Il ruolo di Lady Pesc è oggettivamente difficile: la prova provata che l’Unione Europea, quando si tratta di esprimersi ed agire su questioni di politica estera, ha mani e piedi legate. Contano le diplomazie dei Paesi “forti”.

… quindi ha perso anche Matteo Renzi
Un altro che non ha vinto è il nostro vulcanico premier Matteo Renzi: sino a un mese fa strombazzava a destra e a sinistra che lui, a Bruxelles, dettava la linea, o quasi. L’Italia è assente dal tavolo dei negoziati, d’altra parte il semestre italiano di guida europea è stato piuttosto scialbo: eppure, in Italia ci sono oltre 400mila immigrati ucraini, il Belpaese è la seconda meta dei cittadini di Kiev. Siamo contro la guerra, abbiamo più volte invocato lo stop delle ostilità, però al momento giusto siamo rimasti in disparte. Del resto, l’Italia è il paese che preferisce tenere i piedi in due staffe, cercando di non irritare più di tanto Vladimir Putin per ragioni di gas e Kiev perché l’Ucraina è terra di conquiste commerciali.

Poroshenko non ha vinto: incassa 40 miliardi ma subisce gli accordi
Non ha vinto neppure Petro Poroshenko, il presidente ucraino, costretto a salutare l’antagonista Putin con una breve stretta di mano ad uso e consumo dei mass media internazionali, sotto lo sguardo attento della Merkel e di Hollande. Il suo merito, come hanno sottolineato gli analisti, è quello di aver riannodato i fili sparpagliati degli accordi di Minsk del 19 settembre, drammaticamente disattesi nelle ultime settimane. Ma ha dovuto ingoiare parecchi rospi. In nessuno dei tredici punti del nuovo cessate il fuoco viene riconosciuto che la Russia ha operato un’aggressione; tantomeno si legge che i militari russi sono illegalmente sul territorio ucraino. Fatti assodati da Kiev e dalla Nato, con tanto di foto e testimonianze. Durante la maratona dei negoziati, durata quasi diciassette ore, le autorità ucraine hanno denunciato l’ingresso in Ucraina di una colonna di 50 carri armati e di numerosi mezzi pesanti. Non parliamo poi della Crimea: silenzio assoluto. Silenzio pure sull’aereo abbattuto a Torez, Sul bombardamento di Mariupol. Su Volnovakha. In cambio, dall’Occidente e dall’Ue arriveranno 40 miliardi di dollari, a tappare i buchi di una crisi letale: la guerra costa non solo sangue (5300 vittime) ma montagne di soldi, il Pil ha perso l’8 per cento, l’inflazione si aggira sul 18-20 per cento, la perdita del Donbass equivale, in termini di ricchezza potenziale, almeno a 28-30 miliardi di dollari. Senza dimenticare il debito con la Gazprom, arrivato a superare quota 2 miliardi. La povertà galoppa, così come lo scontento sociale.

Hollande e Merkel hanno vinto: sono loro l’Ue nel mondo
Hanno vinto, in modo diverso, sia Hollande che la Merkel. Del presidente francese abbiamo detto, si sta muovendo sul palcoscenico mondiale incarnando i valori “autenticamente” europei di rispetto dei diritti umani e libertari, abbondantemente violati nel conflitto. Commentando l’accordo ha parlato con enfasi di una “regolamentazione politica globale”, il capo dell’Eliseo ha invitato Bruxelles a “sostenere l’accordo”, definito “una speranza per Kiev” e per tutta l’Europa. Ah, di nuovo la grandeur… Più pragmatica e pessimista Angela Merkel. Lei non ci crede troppo alla tenuta di questo patto, non si fa “alcuna illusione” sulle prospettive di pace. Non si fida di Putin. Né dei filorussi. E neanche degli estremisti ucraini di destra. Le questioni spinose da regolare sono ancora tantissime, a cominciare da chi verifica il reale disimpegno militare russo e le forniture d’armi. Gli osservatori dell’Ocse dovrebbero assicurare “una sorveglianza e un controllo efficace” del cessate il fuoco, impiegando ogni risorsa tecnologica, troppe volte, però, in passato, colonne di mezzi pesanti sono passati sotto il naso dei “monitori” Ocse… E tuttavia, la Merkel ha stoppato la Casa Bianca, che avrebbe voluto armare in fretta Kiev, e ha messo Putin in trappola, obbligandolo ad accettare il summit. Fosse fallito, la colpa sarebbe ricaduta sulle sue spalle.

Putin ha vinto: è stato riaccolto nella comunità internazionale
Infatti abbiamo visto un Putin piuttosto accigliato, provato, persino nervoso (ha spezzato una matita). Comunque, ha accettato le regole del gioco. In fondo, la Merkel gli ha offerto un’opportunità irripetibile, come ha rilevato Andrei Illarionov, acuto analista, ex consulente del presidente russo, oggi passato all’opposizione e residente negli Stati Uniti: “Putin è diventato di nuovo a tutti gli effetti membro della comunità internazionale dalla quale era stato emarginato. Ora gli stringono la mano. Dopo il vertice di Brisbane, in Australia, era rimasto isolato”. Ha vinto, dunque, anche Putin? In buona parte, possiamo dire di sì. L’Ucraina e l’Europa – impersonata dalla Merkel e da Hollande – hanno preso tanti impegni, ma la Russia e Putin non si dichiarano parte del conflitto. Nessun impegno formale. Anzi, più volte Putin nella conferenza stampa con la quale ha suggellato l’accordo, ha parlato di sforzi per la pace e di azione umanitaria, ma nel testo non compare in maniera esplicita la richiesta di allontanare dall’Est ucraino le truppe russe (così come non si tratta più della vendita di armi all’Ucraina, ndr). Le folte delegazioni ucraine, francesi e tedesche hanno penato per concordare il documento dei tredici punti. Ad un certo momento, lo stesso Putin si è alzato dalla sedia e ha lasciato il tavolo delle trattative: come a dire, occhio che posso far saltare tutto. Si è sentito ovviamente sul banco degli accusati, ci sono stati faccia a faccia piuttosto vivaci, al punto che Poroshenko dopo dieci ore di negoziati confidava che “ancora non c’erano buone notizie, le condizioni dei russi sono inaccettabili”. Segno che Mosca pretendeva concessioni assai pesanti. Quelle politiche.

Soprattutto hanno vinto i secessionisti
Già. In ultima analisi, hanno vinto soprattutto i secessionisti. Avranno più autonomia e territorio: la tregua comincia sabato a mezzanotte, fino a quel momento è possibile che i combattimenti si inaspriscano, soprattutto attorno all’importante nodo ferroviario di Debaltseve, dove migliaia di soldati ucraini sono sotto assedio: i secessionisti pretendono di incorporarla nel loro territorio, Kiev replica che essendo in mano delle forze ucraine, non se ne parla affatto. Dice ancora Putin: siamo riusciti a trovare un accordo sull’essenziale, e l’essenziale, come la riforma costituzionale per garantire i diritti delle persone che vivono nel Donbass. Senza dimenticare che l’Ucraina si impegna a riconoscere le strutture governative delle repubbliche autoproclamate del Donbass, “Kiev deve capire qual è la realtà e anche se non le riconosce, deve smettere di avere rapporti indiretti con loro”. Come dire: caro Poroshenko, devi accettare lo status quo. Non si torna indietro: “La sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina saranno rispettati”. Parola di Putin. Appunto. La Merkel, pur di far smettere la carneficina, ha avallato l’accordo come il male minore. Ma pur sempre qualcosa di non giusto.