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Isis, analista: “Rogo del pilota può unire il mondo arabo moderato contro terroristi”

Bruna Graziosi Soravia, docente di Istituzioni e storia dei paesi islamici all’Università Luiss di Roma: "La Giordania è una monarchia filo-occidentale, uno dei primi partner statunitensi nell’area". La decisione di giustiziare la terrorista di cui lo Stato Islamico aveva chiesto la liberazione "riqualifica la monachia di Amman agli occhi dei propri sudditi e del mondo arabo"

La legge del taglione per vendicare le proprie vittime, la pena di morte per tendere la mano ai propri sudditi e agli abitanti dei Paesi mediorientali. È questo, secondo la professoressa Bruna Graziosi Soravia, docente di Istituzioni e storia dei paesi islamici all’Università Luiss di Roma, il motivo che sta dietro alla decisione della Giordania di giustiziare i due terroristi, Sajida al-Rishawi e Ziad al-Karbouli di cui l’Isis aveva chiesto la liberazione, dopo che lo Stato Islamico ha ucciso, bruciandolo vivo, il pilota giordano Muath al-Kasaesbeh. Una scelta che riabilita la monarchia di Amman, spesso considerata un burattino dell’Occidente dal resto del mondo arabo, in contrapposizione alla barbarie dello Stato Islamico che rischia di “produrre un effetto boomerang: ricompattare il mondo musulmano moderato contro l’estremismo”.

“La Giordania è un Paese particolare – spiega Soravia – da sempre è una monarchia filo-occidentale, uno dei primi partner statunitensi nell’area” e uno dei pochissimi Paesi arabi che, insieme all’Egitto, riconosce lo Stato d’Israele. “Queste sue caratteristiche l’hanno sempre esposta a critiche interne e, soprattutto, da parte di tutti gli altri Stati dell’area mediorientale”. La decisione di lanciare un segnale così forte contro un movimento fondamentalista che ha appena ucciso un cittadino giordano e un musulmano la “riqualifica, in qualche modo, agli occhi dei propri sudditi e del mondo arabo”.

Più che la necessità di applicare la legge del taglione per portare a termine una vendetta di sangue, la decisione della Giordania deve quindi essere letta nell’ottica di una legittimazione nello scacchiere mediorientale, un gesto dimostrativo di chi non si piega alla violenza del terrorismo e risponde in difesa del vero popolo musulmano. “Il Medio Oriente – dice Soravia – è ‘abituato’ alle esecuzioni, visto che praticamente tutti i Paesi dell’area applicano la pena capitale. La scelta della Giordania è anche e soprattutto di tipo strategico“.

Una decisione, quella del regno di Abdullah II, che arriva dopo un’esecuzione tra le più barbare mai mostrate in video dai miliziani fedeli all’autoproclamato califfo, Abu Bakr al-Baghdadi. Una scelta, quella degli jihadisti, che potrebbe avere, però, un effetto boomerang. “Se l’ultimo omicidio commesso dallo Stato Islamico può creare una spaccatura tra musulmani moderati e radicali? Non credo – ha risposto la docente – penso piuttosto che possa ritorcersi contro i terroristi dell’Isis: sfido un qualsiasi musulmano, anche tra i più radicali, a giustificare un atto come quello commesso nei confronti del pilota giordano. Al contrario, credo che un gesto del genere ricompatti diverse aree del mondo musulmano in nome della lotta allo Stato Islamico”.

Quello compiuto dagli uomini in nero è stato un gesto estremo che non avevano mai osato prima, ma che, spiega la professoressa, contiene un messaggio indirizzato a tutti i simpatizzanti del califfato islamico: “Se da una parte – conclude Soravia – l’uccisione barbara di un musulmano ha sollevato lo sdegno dei Paesi e delle popolazioni arabe, dall’altra rappresenta un chiaro messaggio indirizzato ai fedeli del califfato: ‘Guardate come deve essere schiacciata la Giordania, lo Stato arabo che ci ha tradito mettendosi dalla parte dell’Occidente'”.

Twitter: @GianniRosini