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Carolina Kostner, giudici: “Ha coperto Schwazer per amore, non perché sapeva”

La squalifica a un anno e 4 mesi stabilita dal tribunale antidoping è dovuta al fatto che l'atleta ha mentito ai responsabili Wada. Da quello che è emerso, però, la pattinatrice non si dopava, non sapeva che il fidanzato facesse uso di sostanze illecite e ha agito d'impulso, mossa dall'amore per il partner

Carolina Kostner non sapeva che il partner facesse uso di doping, ma ha mentito all’incaricato della World Anti-doping Agency (Wada), che doveva effettuare un prelievo su Alex Schwazer. Sono queste le motivazioni che hanno portato alla squalifica della pattinatrice altoatesina a un anno e quattro mesi perché “responsabile di aver aiutato Schwazer a sottrarsi a un controllo antidoping (del 30 luglio 2012, ndr), e dunque dell’illecito previsto dall’art. 2.9 delle vigenti norme, ma assolta dall’accusa di non aver denunciato l’allora fidanzato per la sua frequentazione del dottor Michele Ferrari“.

La Kostner, secondo quanto si legge nella motivazione dei giudici, “non ha posto in essere alcuna azione che possa riferire direttamente a lei pratiche dopanti, o coperto Schwazer nell’assunzione di sostanze illecite“, ma la sua decisione di mentire ai responsabili dei controlli antidoping ha fatto sì che questi non potessero svolgere le analisi per verificare i livelli del sangue del marciatore di Vipiteno. Tradotto: la Kostner non si dopava, non sapeva che Schwazer si dopasse, ma ha mentito all’antidoping. Una scelta, ripetono i togati, non dovuta ad una certezza, bensì più a un senso di protezione che, per il rapporto che c’era all’epoca tra i due atleti, costituisce un’attenuante: “Il Tribunale nazionale antidoping – si legge nelle motivazioni – ha ritenuto che sul comportamento di Carolina Kostner abbiano influito svariati fattori, attenuando il grado di sua colpevolezza. Tra tali elementi il Tna ha dato rilievo al fatto che l’atleta ha agito sulla base di una richiesta della persona che amava“. Altro fattore attenuante è rappresentato dal “carattere subitaneo della richiesta, che esigeva una risposta nel giro di pochi secondi, dall’assenza di elementi che facciano ritenere che il comportamento dell’atleta sia stato premeditato, dal fatto che l’atleta si è immediatamente attivata affinché Schwazer si recasse nel luogo in cui poteva essere sottoposto al controllo, e dalla circostanza che l’atleta, pur consapevole dell’aiuto all’elusione del controllo, non sapeva che Schwazer faceva uso di sostanze vietate”.

Il comportamento della Kostner, quindi, ha violato le leggi antidoping che, tra le altre cose, puniscono anche gli atleti che eludono, o si rendono complici, un controllo: “L’effettuazione di controlli a sorpresa e fuori dal contesto agonistico – sottolinea la sentenza – è infatti essenziale per un efficace contrasto al doping”. Il comportamento della pattinatrice avrebbe previsto una condanna fino a due anni, ma tutti gli elementi attenuanti hanno portato i giudici a credere che la decisione dell’atleta di proteggere il proprio compagno non fosse premeditata, bensì dettata dalla velocità degli avvenimenti e da un senso di protezione nei confronti di Schwazer. Tesi confermata dal fatto che la donna ha poi cercato di convincere il partner a sottoporsi ai controlli.