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Giro d’Italia 2015: è lotta al doping. “Ma wild card a team dal passato poco etico”

Per gli inviti alla corsa rosa gli organizzatori hanno privilegiato scelte di marketing e italianità a discapito dell'etica. Eppure c'è la stretta 'economica' per chi è trovato positivo ai test. "Di fronte a certi proclami mi viene da ridere" dice Claudio Corti, gm dell'escluso Team Colombia

Csf-Bardiani, Androni Giocattoli, Southeast, Nippo-Fantini e Ccc Sprandi. Adesso la lista delle 22 squadre che parteciperanno al Giro d’Italia 2015 è davvero completa. Gli organizzatori della Corsa Rosa targata Rcs hanno assegnato le wild card per la prossima edizione. Privilegiando l’italianità (quattro delle cinque formazioni sono italiane). Puntando su scelte di marketing che guardano ai nuovi mercati dell’est Europa. Ma mettendo in secondo piano, forse, un altro requisito più importante: quello etico. Sono state invitate, infatti, anche squadre protagoniste di casi eclatanti di doping nel recente passato, o che hanno costruito il proprio roster intorno ad atleti reduci da pesanti squalifiche. E questo ha scatenato inevitabili polemiche. “Non voglio puntare il dito contro nessuno direttamente, ma di sicuro la mia squadra meritava di esserci più di altre, per ragioni morali e professionali”, spiega a ilfattoquotidiano.it Claudio Corti, general manager del Team Colombia, una delle grandi escluse dopo aver partecipato alle ultime due edizioni.

Fra le squadre ammesse spiccano la Southeast e la Ccc Sprandi. Nomi nuovi del panorama delle due ruote, storie vecchie. La Southeast Pro Cycling, infatti, non è altro che la naturale prosecuzione della Neri Yellow Fluo, formazione diretta da Angelo Citracca, che negli ultimi due anni è salita agli onori della cronaca per un triplice scandalo doping. Nel maggio 2013 fu trovato positivo per la seconda volta in carriera, e dunque radiato, Danilo Di Luca, vincitore del Giro 2007. Un mese dopo la seconda positività all’Epo, quella di Mauro Santambrogio: più rumorosa, perché si trattava di un corridore giovane e dal passato immacolato, grande protagonista del Giro d’Italia appena concluso con una vittoria di tappa e il nono posto in classifica. Quindi nel settembre del 2014 è la volta di Matteo Rabottini, che nel 2012 aveva vinto la maglia di miglior scalatore della Corsa Rosa. Alla Southeast spettava una wild card in qualità di vincitrice della Coppa Italia 2014 a squadre, ma i tre casi clamorosi avevano gettato ombre sulla conduzione del team, e messo in dubbio la partecipazione al prossimo Giro. Gli organizzatori si sono accontentati di un cambio di sponsor e di guida tecnica (ha lasciato anche il direttore sportivo Luca Scinto).

Discorso solo parzialmente diverso per la Ccc Sprandi, squadra polacca invitata al Giro più che altro come scelta commerciale: la Polonia è in grande crescita nel ciclismo grazie all’esplosione di Michael Kwiatkowski, attuale campione del mondo, e Rafal Majka, nuovo talento delle grandi corse a tappe. E il Giro spera di espandere il proprio mercato. La Ccc, però, non ha in rosa atleti del loro valore. E per potenziare la formazione i dirigenti hanno appena ingaggiato Sylwester Szmyd, ex gregario di buon livello, ma soprattutto Stefan Schumacher, dopato reo confesso che nel 2008 aveva dominato le prove a cronometro del Tour de France (lo stesso dello scandalo Riccò). Il tedesco si aggiunge a Davide Rebellin, 43 anni, pure lui trovato positivo al Cera, l’Epo di ultima generazione, dopo i Giochi Olimpici di Pechino 2008, dove aveva vinto la medaglia d’argento (poi revocata). Insieme i due avevano già corso nella Gerolsteiner, team tedesco sciolto nel 2009 dopo le pratiche di doping di squadra svelate da Kohl e dallo stesso Schumacher. Adesso torneranno a farlo per la Ccc, anche se i vertici del team avrebbero assicurato che i due non parteciperanno alla Corsa Rosa. Senza di loro, però, la formazione rischia di non essere all’altezza di una corsa importante come il Giro.

Dovranno meritarsi la fiducia su strada, e anche fuori, tenendosi lontani dagli errori del passato. Intanto gli organizzatori annunciano il pugno duro contro il doping, minacciando di portare in tribunale e chiedere i danni d’immagine ai corridori che verranno eventualmente trovati positivi. “Ma a me di fronte a certi proclami viene da ridere”, commenta Corti del Team Colombia. “Si parla di lotta al doping e poi si assegnano le wild card in tutt’altra maniera. Giusto privilegiare il ‘made in Italy’, i valori sportivi sono soggettivi, le scelte di marketing commerciali. Ma sull’etica non si dovrebbe soprassedere”. D’altra parte, solo lo scorso dicembre l’Uci (Unione ciclistica internazionale) ha riconfermato la licenza Pro Tour al team Astana, nonostante i cinque casi di positività riscontrati nella squadra kazaka in rapida successione.

Twitter: @lVendemiale