Mondo

Nicaragua, il canale interoceanico che più che unire divide

Il 22 dicembre scorso il governo del Nicaragua ha annunciato l’inizio ufficiale dei lavori di costruzione del Canale Interoceanico che dovrebbe collegare i due oceani, passando attraverso il Paese. L’annuncio ha provocato una grossa mobilitazione di contadini, il 24 dicembre, che si è conclusa con scontri tra manifestanti e polizia. I poliziotti sono intervenuti per disperdere un presidio che bloccava la strada di El Tule, 260 chilometri a sud-est della capitale. Secondo gli attivisti sarebbero almeno 25 le persone arrestate e 40 i feriti, negli scontri con la polizia. Secondo il direttore generale della polizia i feriti sarebbero 15 agenti e 6 manifestanti. Uno dei leader della protesta ha accusato la polizia di averlo picchiato con dei bastoni e di essere stato detenuto illegalmente. E’ stato rilasciato il 30 dicembre scorso e ha raccontato quello che gli è successo, con un’ intervista al quotidiano britannico “The Guardian”.

Il governo sandinista è fortemente criticato, nel Paese, per il sostegno a questa opera. A mettere sotto accusa il governo sono i contadini e i proprietari che hanno già visto espropriati i loro terreni per scopi di interesse nazionale, gli ecologisti e le numerose popolazioni indigene.

Quello del Gran Canale è uno dei progetti presentati e accantonati molte volte, dal 1800. Si tratta del canale interoceanico che dovrebbe dividere a metà il Nicaragua. L’opera dovrebbe passare attraverso aree protette come: il bacino del fiume Rio San Juan e il gran lago Cocibolca.

Antonio Ruiz, un esponente di primo piano del movimento ecologista nicaraguense, si batte con la popolazione locale e con i popoli indigeni, contro il progetto e vuole portare all’attenzione mondiale quello che sta succedendo in Nicaragua. Secondo Antonio il canale mette a rischio soprattutto una delle risorse più importanti, per il Paese, e per il mondo: l’acqua. Del totale del canale, infatti, più di 100 km passeranno attraverso il lago Cocibolca, il più importante del Centro America. Un altro tema, caro ad Antonio è la divisione del Nicaragua in un Nord e un Sud. “Questa divisione a noi non serve. Verranno create delle barriere alla continuità della biodiversità del corridoio biologico Mesoamericano” aggiunge preoccupato Antonio Ruiz. A spingere in piazza i contadini sono state le espropriazioni. “Le zone coinvolte- spiega Antonio – non sono solo quelle in cui passerà il canale ma anche le sue aree di influenza, che diventano zone strategiche. Secondo le stime potrebbero essere più di 130mila le persone a rischio esproprio”. L’attivista ecologista critica fortemente le modalità con cui il governo ha risposto alle proteste: “Le autorità hanno attentato alla libertà di opinione, di parola”.

Ma quali saranno le caratteristiche di questa opera mastodontica? Il nuovo percorso si propone di abbattere i tempi di percorrenza delle navi che oggi attraversano il canale di Suez e di permettere a imbarcazioni di 250mila tonnellate di attraversare il Continente. Ad avere avuto la concessione cinquantennale è la Hong Kong Nicaragua Canal Development Investment Company. Antonio Ruiz è categorico: lo Stato del Nicaragua ha ceduto parte della sua sovranità, per la realizzazione di questo canale. “All’investitore straniero, infatti, è stata ceduta tutta la proprietà del canale” spiega l’attivista e aggiunge che molte imprese legate all’opera hanno sede in paradisi fiscali. La legge che ha permesso il rovesciamento della proprietà, che, secondo accordi precedenti, era detenuta al 51% dal Nicaragua, ha dato vita alla formula dell’interesse nazionale. Il Canale è diventato, quindi, opera di interesse nazionale. Il governo di Daniel Ortega lo considera una leva per lo sviluppo del Paese. Secondo le stime governative la crescita dovrebbe passare dal 4-5% annuo all’11% nel 2015 e al 15% nel 2016. Il progetto, secondo il governo, dovrebbe favorire anche l’occupazione, oltre al commercio.

→  Sostieni l’informazione libera: Abbonati rinnova il tuo abbonamento al Fatto Quotidiano