Per la prima volta un paese del Nord Africa ha istituzioni legittimate da un voto libero e riconosciuto valido da tutti, con un Parlamento plurale, anzi senza maggioranza assoluta, e con un Presidente che ha prevalso al ballottaggio. Mentre l’attualità politica tunisina si concentra su vere e proprie raffinatezze – equilibrio tra diverse componenti, quote rosa e quota islamista nel nuovo governo e così via – diamo uno sguardo alla Tunisia reale. Scrivo sul volo Tunis Air in mezzo a turisti italiani che tornano prevalentemente da Capodanno nel Sud e a tunisini che tornano a lavorare in Italia dopo le vacanze.
L’anno è cominciato con un’ondata di freddo e gelo con pochi precedenti recenti in Tunisia. Le regioni del Nord Ovest sono state coperte di neve (ma per qualche ora anche la spiaggia di Hammamet era imbiancata) con danni e problemi e soccorsi. Molti abitanti della regione di Tunisi, entusiasti della neve, sono andati, strade permettendo, a fotografarsi in quel contesto.
Intanto il nuovo Ufficio di Presidenza dell’Assemblea nazionale andava (sempre al freddo ma senza neve), alle frontiere sud con la Libia, a visitare i militari che vigilano ai confini di quel paese insanguinato. La Tunisia è piena di rifugiati libici. Spesso è gente che ha risorse economiche. Gli aumenti dei valori immobiliari e in parte anche quelli dei prezzi di alimentari ed altri generi sono dovuti alla loro presenza. La disoccupazione è fortissima, ma la spinta ad avventurarsi nel mare verso Lampedusa da parte dei giovani tunisini sembra del tutto esaurita. Ci si arrangia. I mendicanti ci sono ma non si vede gente dormire per strada, come in alcune città europee. Probabilmente famiglia e villaggio garantiscono ancora una qualche protezione sociale.
La Banca Centrale tunisina scommette sulla ripresa, già solo per il fatto psicologico dei risultati elettorali. Tutta quella parte – non piccola – della Tunisia che punta sul turismo parla con entusiasmo del “vecchio intelligente” Beji Sebsi che ha vinto le presidenziali (e in gran parte la pensa allo stesso modo la Tunisia che beve la birra, per non dire del vino. Sono prodotti locali, si vedono le viti tra Tunisi e Hammamet). Il turismo non è crollato ulteriormente nel 2013 ma timori irrazionali sommati alla crisi europea lo hanno tenuto ancora nei termini bassi dell’immediato post-rivoluzione. Per certi versi è anche un vantaggio, per chi vuole viaggiare e non si fa prendere dalla malinconia se negli alberghi da decine di stanze (che sono un po’ la norma, dovrebbero evolversi verso strutture più leggere, piccole, sostenibili) solo due o tre sono occupate. In questa che è la bassa stagione si possono ottenere prezzi ottimi per strutture suggestive come il Dar Hayet di Hammamet (sulla spiaggia accanto alla Medina, non nei ghetti dei soli alberghi) o l’Hotel Matmata nella cittadina omonima.
A Capodanno traboccava invece di turisti, italiani europei e tunisini, l’oasi di Ksar Ghilane dove siamo andati al festival Mawu.
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