Politica

Mafia Capitale, Alemanno: “Certo ho sbagliato. Ma mai conosciuto Carminati”

L'ex sindaco indagato nella maxi operazione del Ros su criminalità e politica, a Porta a Porta dichiara: "Dovevo fare più attenzione nella scelta della squadra, mi sono invece concentrato sulle priorità della città. Mi hanno sempre detto che la criminalità organizzata qui non esisteva"

“Non ho mai conosciuto Massimo Carminati“. Queste le prime parole in un’intervista televisiva dopo la maxi operazione sulla mafia a Roma pronunciate dall’ex sindaco della Capitale, Gianni Alemanno, nel corso del programma Porta a Porta. “Sapevo che era un ex detenuto – aggiunge l’ex primo cittadino Pdl che si è autosospeso dagli incarichi di Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale – Lui ha avuto un percorso diverso e anzi antagonista a quello del Movimento sociale. Con queste sono persone c’era rivalità e noi del Movimento sociale eravamo visti male da loro”.

Alemanno, come ha dichiarato il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone, “è indagato per 416-bis (mafia, ndr) ma la sua posizione è in corso di valutazione”. Smentisce di aver avuto qualsiasi rapporto con l’ex Nar ed ex Banda della Magliana che secondo gli inquirenti era a capo dell’organizzazione capace di infiltrarsi in Campidoglio e fare business nella gestione dei centri accoglienza per immigrati e dei campi nomadi, di finanziare cene e campagne elettorali, come quella dell’ex sindaco, tramite la Fondazione Nuova Italia di cui l’esponente di Fratelli d’Italia era presidente. Alemanno rispedisce al mittente l’accusa di aver ricevuto soldi dal “cecato” Carminati e che i fondi ricevuti sono “tutte cose certificate”.

Ha un solo errore da rimproverare a se stesso: “Ho sottovalutato la componente umana, dovevo fare più attenzione nella scelta della squadra, mi sono invece concentrato sulle priorità della città”. Rispetto ai suoi molti collaboratori coinvolti nell’inchiesta sottolinea: “Parliamo di persone indagate” aggiungendo non bisogna “fare subito la sentenza”, ma nel caso “mi assumerò le responsabilità politiche”. Poi passa al contrattacco: “Da Salvatore Buzzi (presidente della cooperativa “29 giugno” che al telefono dice: “Pago tutti”, ndr) ho ricevuto complessivamente 75mila euro, dati alla mia Fondazione, tutti dichiarati e tracciati”. “Buzzi – continua – era il principale esponente della Lega delle cooperative a Roma, è stato cresciuto dalla sinistra e con essa ha raggiunto il massimo della sua espansione. Sui rom ci sono molti interessi a Roma, con la giunta Veltroni sono stati spesi 27 milioni di euro per i nomadi noi ne abbiamo spesi 24. Ma la cooperativa 29 giugno di Buzzi gestiva solo un campo sui 15 che c’erano a Roma. Il consorzio aveva appalti già da prima e noi abbiamo cercato di ridimensionarli”.

Per l’ex primo cittadino le presunte infiltrazioni mafiose a Roma sono un fulmine a ciel sereno. “Quando ero sindaco ho chiesto ripetutamente al prefetto, al questore ed alla procura se ci fossero problemi di criminalità organizzata e fino a quando è arrivato il procuratore Pignatone mi hanno detto che la mafia a Roma non esisteva”. Poi aggiunge: “Se le accuse emerse dall’inchiesta si dimostreranno vere significherà che i miei collaboratori hanno tradito la mia fiducia”.

Dopo il terremoto provocato dall’operazione “Mondo di Mezzo” dei carabinieri del Ros, l’ex sindaco propone “un commissario per il comune di Roma, lo pensavo anche prima di questa vicenda”. Ma precisa: “Non uno scioglimento per infiltrazioni mafiose (come chiesto dal Movimento 5 stelle, ndr). C’era già una situazione di debolezza e dopo tutta questa storia credo che convenga a tutti uno scioglimento, o meglio un ‘auto scioglimento’ come atto politico”.

Sul fronte giudiziario, il giorno dopo i 37 arresti, Massimo Carminati nel carcere di Regina Coeli ha deciso di non rispondere alle domande del giudice per le indagini preliminari Flavia Costantini. Parla invece Franco Panzironi, altra figura chiave della maxi inchiesta perché ritenuto l’anello di congiunzione tra il mondo politico e quello “di mezzo” dei clan. Panzironi, ex ad di Ama, ha respinto le accuse fornendo una versione dei fatti ritenuta dagli inquirenti poco convincente: “Non sono mai stato a libro paga di nessuno”. Ma Panzironi rimane una mosca bianca, la maggior parte degli indagati hanno deciso di non rispondere durante l’interrogatorio di garanzia. Una strategia per capire, carte alla mano, lo stato delle indagini. Che proseguono, e puntano alle possibili infiltrazioni dell’organizzazione di Carminati negli uffici della Regione Lazio.