Giustizia & Impunità

Carminati e Mancini, il passato nero del boss e del braccio destro di Alemanno

A capo della "Mafia capitale", secondo gli inquirenti, l'ex terrorista dei Nar poi ai vertici della Banda della Magliana. Legato da uno storico rapporto con l'uomo che ha curato la campagna elettorale del sindaco nel 2008

Basta un’intercettazione per capire la mafia capitale. Massimo Carminati spiega: “Ci sta un mondo, un mondo in mezzo in cui tutti si incontrano e dici cazzo come è possibile che quello…”. In questo mondo di mezzo Massimo Carminati, oggi arrestato nell’inchiesta che vede indagato anche l’ex sindaco Gianni Alemanno, è stato il re, conciliando quello del crimine, dell’alta finanza e della politica. Per farlo servono uomini fidati e rapporti. La contaminazione del sistema politico inizia subito. Alemanno, appena eletto sindaco di Roma, nel 2008, piazza i suoi fedelissimi nelle società partecipate che assegnano appalti e affidano lavori.

Un uomo in particolare è il collegamento con il mondo dove orbita e agisce, da decenni, il “cecato” Massimo Carminati, un passato nei Nar e già esponente di spicco della Banda della Magliana. Si tratta di Riccardo Mancini, oggi finito in carcere per associazione mafiosa, già sotto processo, per un’altra inchiesta, con l’accusa di aver intascato una  mazzetta per l’aggiudicazione di una commessa.

Secondo la Procura di Roma Mancini è il pubblico ufficiale a dispozione dell’organizzazione, favorisce l’aggiudicazione di appalti, ‘il garante’ dei rapporti della cupola con l’amministrazione comunale Alemanno. Carminati e Mancini spiegano i due mondi, nati e cresciuti negli stessi ambienti, nella cupola con ruoli diversi. Il primo è il gran capo, il secondo è il fedelissimo sottoposto.

Mancini, il braccio destro di Alemanno. Alemanno lo nomina amministratore delegato di Eur Spa nel luglio 2009. All’epoca, sui trascorsi, tutto era già noto. Mancini si accaparra la poltrona nonostante i precedenti per porto illegale di armi e ricettazione. All’epoca della nomina era certo avesse avuto rapporti anche con Carminati, ma per Alemanno è inamovibile, l’uomo di fiducia. Non è solo ad di Eur Spa, Mancini è stato anche tesoriere e curatore della campagna elettorale di Alemanno. Il braccio destro del sindaco. Carminati, invece, è l’ultimo re di Roma, arrestato dai carabinieri del Ros nell’inchiesta della Procura di Roma ‘mondo di mezzo’, il dominus della cupola.

Carminati e Mancini, contatti passati che oggi vengono scolpiti nell’inchiesta che racconta i particolari di questa rinnovata alleanza. Due nomi, due mondi che si saldano nel controllo della capitale, la sponda istituzionale e quella criminale. Una coacervo di relazioni, intrighi, appalti, soldi e commesse: controllo totale sulla Roma, città aperta alle mafie, ma con un potere nero alimentato da una criminalità nata e cresciuta nelle borgate capitoline. L’idea criminale del “Prendemose Roma”, frase manifesto di Romanzo criminale, è rimasto un segno distintivo, un marchio di fabbrica, un programma di imperio. Mancini è “l’espressione del sodalizio in senso alla pubblica amministrazione”, plenipotenziario della giunta Alemanno, ma è anche l’uomo che, negli anni passati, è cresciuto nel mondo di Carminati.

Con lui divide una comune appartenenza ai gruppi eversivi di destra degli anni ottanta. E Carminati rivendica tutto anche altre amicizie in una conversazione ambientale del febbraio 2013: “Sono amico di Mancini ma con Mancini abbiamo fatto dieci processi quando eravamo ragazzini, Fabio Panetta è il vice di Draghi alla Bce è amico mio…eravamo amici da quando eravamo ragazzini…cioè che vuol dì.. ma poi lui.. ognuno fa la vita sua”. E di destra e trascorsi in questa inchiesta ne sono piene le pagine, anche se oggi gli affari non hanno più colori come dimostrano i contatti successi alla caduta di Alemanno. Carminati, infatti, si incontra, presso un ristorante romano, nel luglio 2013, anche con Luca Gramazio, indagato nell’inchiesta, oggi capogruppo Forza Italia in consiglio regionale del Lazio, e il padre Domenico Gramazio, all’epoca senatore, storico esponente di An. Incontro che viene seguito dai carabinieri del Ros e registrato. Nell’incontro i presenti parlano della nomina del presidente della commissione trasparenza a Roma Capitale.

Massimo Carminati tra politica servizi. E’ Carminati il dominus della cupola. E’ lui che, con l’arrivo del fidato Riccardo Mancini e il trionfo della destra a Roma, rinnova rapporti, rinsalda relazioni e tesse trame. Un sistema che dura e che prova a reggersi prendendo contatti anche con esponenti della nuova amministrazione che ha vinto le elezioni nel 2013. Carminati è il ras dell’organizzazione. Fornisce schede dedicate ai suoi uomini, protegge imprenditori, mantiene i contatti con le altre organizzazioni criminali e contemporaneamente anche con il mondo politico, istituzionale, finanziario. Mondi contigui come quello di Finmeccanica tramite l’amico commercalista Marco Iannilli, anche lui coinvolto in questa inchiesta, come in quella per la truffa Fastweb. In una villa, intestata a Iannilli, Carminati ha vissuto fino a pochi mesi fa. Secondo gli inquirenti, però, Iannilli ne era solo il proprietario fittizio.

Ma il “cecato”, chiamato così per una ferita all’occhio sinistro, di rapporti ne ha anche con appartenenti alle forze dell’ordine e ai servizi segreti. Lui che è riuscito sempre ad uscire lindo e pinto dai processi, immerso in pieno nella storia degli anni Settanta, in mezzo all’eversione nera dei Nar, Nuclei armati rivoluzionari, e alla criminalità della Banda della Magliana. Da sempre in mezzo ai mondi, la filosofia criminale di Carminati. E’ rimasto coinvolto nei processi più cruenti della storia italiana a partire dal depistaggio sulle indagini per la strage di Bologna, ma ne è uscito assolto. “Le pronunce di assoluzione per alcune delle più gravi accuse – scrive il gip Flavia Costantini – sembrano aver contribuito ad alimentare la fama criminale di Carminati, favorendo la creazione di una sorta di mito dell’impunità”. Oggi il mito è caduto.

@nellotro