Il Fatto del Lunedì

Alluvioni, il ruolo di Tv & social media

Una finestra di Mix24, trasmessa da Radio 24, risponde ogni giorno a un quesito banale: «Dov’era il servizio pubblico ieri in Tv?». Nel corso delle emergenze, come alluvioni o terremoti, il ruolo della Tv non è banale. Che fine ha fatto la Tv tradizionale durante le ultime alluvioni? Come si è interfacciata con i social media? Per esempio, a Genova o a Chiavari. Tutti flash floods, come si chiamano tecnicamente, ossia piene fluviali improvvise, folgoranti, fulminanti. E naturalmente devastanti.

In Liguria il servizio pubblico è stato svolto dall’emittenza locale. Primocanale, sia tv tradizionale sia streaming via web, ha dimostrato come il servizio possa essere svolto con abnegazione ed efficacia, mentre il cosiddetto servizio pubblico di Stato era quasi assente. Un servizio di informazione senza interruzioni durante quei lunghi e drammatici giorni, iniziato a Genova prima ancora che la Protezione Civile desse l’impressione di mettersi in moto. Primocanale.it è stato un ‘ente di servizio’ al pari di chi coordinava interventi e soccorsi sul territorio. Si è messa in moto senza freni o vincoli burocratici, pronta a rivoluzionare tutti i palinsesti e rimanere on-air senza soste, presente da subito sul campo con i propri cronisti laddove la gente era colpita. E sempre connessa con i social media.

Parlando del ruolo di radio e tv durante le emergenze, con il pensiero al tornado del 2013 in Oklahoma, Craig K. Tanner di Cbs conclude che il ruolo delle emittenti locali è essenziale e insostituibile. Le reti nazionali – nel migliore dei casi e quello italiano spesso non lo è – forniscono al più le notizie, non le informazioni utili per la sicurezza collettiva, né i dettagli delle situazioni critiche a chi è in pericolo, né un conforto alle comunità locali sotto schiaffo. Al contrario le reti locali hanno un duplice ruolo: da un lato porgono un aiuto concreto alla gente colpita e ne alleviano il senso di abbandono; dall’altro danno notizie affidabili e documentate a professionisti e volontari dei servizi di emergenza. Esse conoscono bene i luoghi, godono di buona reputazione, hanno un’alta capacità di vagliare e aggregare le informazioni. Oggi si aggiunge un’istintiva capacità di interagire con i social media, come Facebook o Twitter.

Ajit Pai, commissario federale per le comunicazioni in Usa, ribadisce il ruolo della tv locale giocando col termine ‘broad’: «Alcuni usano la parola ‘broad’ (larga) solo se seguita da ‘band’ (banda). Sono quelli che mettono in discussione il futuro del ‘broadcasting’ (radio e/o telediffusione) e bollano antiquati quelli seguono ancora radio e Tv. In realtà televisione e banda larga sono complementari, non sostitutivi.» E in tutto il mondo i social media sono diventati uno strumento formidabile nella gestione delle alluvioni, come accaduto in India o in Australia.

Le alluvioni liguri dell’autunno 2014 hanno dimostrato questa sinergia: avvertito da un meteorologo brianzolo, sono stato in contatto per ore da Milano con vari alluvionandi e potenziali alluvionati che mi cercavano via sms, fornendo loro via facebook le notizie che ascoltavo in diretta da Primocanale.it, notizie che le cadute elettriche impedivano loro di vedere. Non è un caso gli utenti che abbiano premiato Primocanale con uno share del 30% il 15 novembre 2014, mentre Rai 3 raggiungeva a malapena il 10% e Rai News non superava il 2%.

Che ruolo ha il servizio pubblico nelle emergenze? Chi lo fa e perché? Vale la pena di migliorare il coordinamento tra Protezione Civile e galassia dei media locali e dei social network?