Politica

Landini: “Questione morale? Il Pd la nasconde. Non si interviene sui disonesti”

Il segretario della Fiom torna sulla frase che ha scatenato polemiche ("Gli onesti non stanno con Renzi"). Sul governo: "Non è di sinistra, Sacconi vero ministro del Lavoro. Le politiche di Renzi sono quelle di Confindustria"

Ha chiesto scusa, sulle dichiarazioni riferite agli “onesti che non stanno con Renzi” ha ammesso di aver detto una “cavolata”. Però non si rimangia l’essenziale: “Volevo porre la questione morale. I lavoratori sono nella parte onesta di questo paese e c’è una parte disonesta contro cui non si interviene”. Maurizio Landini, accusato di urlare troppo, continua a tenere il punto e a non fare sconti a Matteo Renzi.

Nel pronunciare la parola “onestà”, al di là delle polemiche e delle scuse, c’era un riferimento alla questione morale?
Certo. L’onestà è un problema vero. L’Italia ha 60 miliardi di euro di corruzione, 180 di evasione, il falso in bilancio che non è reato, nessuna legge sul rientro dei capitali. Ma questo è il punto che non si vuole affrontare. Perché il governo su questo non fa i decreti? Perché non ha la stessa forza che ha messo sull’articolo 18? Sì, volevo porre la questione morale. I lavoratori sono la parte onesta e c’è una parte disonesta del Paese contro cui non si interviene. Chi è onesto non conta nulla e si fanno leggi che continuano a garantire ai disonesti di fare i disonesti.

Matteo Renzi ha illustrato a Repubblica la sua idea di sinistra, “dalla parte dei deboli”. Cosa ne pensa?
Che è un tentativo per non discutere di quello che si sta concretamente facendo. Siamo di fronte a un provvedimento che rende liberi i licenziamenti e cancella lo Statuto dei lavoratori e questa cosa viene completamente rimossa. Dall’altra parte si rimuove il fatto che in queste settimane nelle piazze, in varie forme, sta emergendo un dissenso esplicito.

Non si riconosce in questa sinistra?
Si fa fatica a dire che siamo in presenza di un governo di sinistra. Sia per le politiche che fa sia per la presenza del Ncd. Il vero ministro del lavoro, in realtà, è Maurizio Sacconi. Le politiche che sta facendo Renzi sono quelle della Confindustria, dei poteri forti.

Renzi vi accusa di fare uno “sciopero politico” ricordando che contro la legge-Fornero non avete scioperato.
Questa è una cavolata doppia. All’epoca, lo sciopero i metalmeccanici lo hanno fatto e la Fiom è stato l’unico sindacato a manifestare contro il governo Monti. Se poi la critica è che il sindacato ha fatto poco, sono d’accordo. Ma se un errore è stato fatto, perché ripeterlo? Cavolata contro cavolata? Io la cavolata l’ho detta e l’ho riconosciuto. Ma le cose che sono state dette contro lo sciopero-ponte e contro i sindacati, non pretendono delle scuse? Chi sciopera perde 80-90 euro, è gente che merita rispetto. Anche loro hanno detto una cavolata. Chiedano scusa.

Lasciamo stare il Landini in politica. Siamo alla chiusura di una fase storica nel rapporto tra politica e sindacato?
Sì, c’è un fatto nuovo. Gli scioperi pongono il tema di un’autonomia dalle forze politiche. Aprono una fase nuova. Questo crea timore nelle forze politiche.

Perché?  
Perché se il sindacato ha autonomia non risponde più a logiche di appartenenza e si confronta alla pari. Infatti c’è il tentativo di delegittimare il sindacato e di ridurlo a una dimensione aziendale e corporativa. Il sindacato solo nei luoghi di lavoro vuole dire cancellare un pensiero generale dei lavoratori in quanto lavoratori. Perché in quel caso il lavoratore non delega solo alla politica la rappresentanza generale. Questo è il tema nuovo. E se oggi si riconosce credibilità al sindacato è perché stiamo dimostrando di essere indipendenti.

Lei vorrebbe fare il segretario della Cgil?
C’è una cosa che viene prima, una riforma democratica dell’organizzazione e contrattuale: 280 contratti diversi non hanno più senso. Questa domanda di cambiamento pone l’esigenza di un ricambio e di un rinnovamento. Sono interessato a stare dentro questo processo, al di là del mio ruolo.

Sul Jobs Act Renzi non si fermerà. Che farà il sindacato?  
Che il governo non intendesse fermarsi ci è stato chiaro fin dall’inizio. Ma anche noi non ci fermeremo.

Che significa?
Che impediremo che vengano applicate certe norme nelle aziende e nei territori. Se le imprese pensano che non succeda nulla, se lo scordino.

Quindi, una maggiore conflittualità?  
Certamente. Ma non escludiamo nulla neanche sul piano giuridico. Non pensino che ci possono licenziare tranquillamente. Il lavoro deve avere dei diritti.

Non rimarrà soltanto un fuoco di paglia?
Vedo un livello di crisi sociale ed economica senza precedenti e un inedito livello di determinazione da parte delle persone e dei lavoratori. Erano anni che non si vedeva una cosa così.

da il Fatto Quotidiano del 23 novembre 2014