Politica

Roma, Ignazio Marino abbandonato a se stesso: il Pd romano scherza col fuoco

Ignazio Marino sì, Ignazio Marino no. Raramente un sindaco di Roma è stato al centro di tante polemiche a poco più di un anno dalla sua elezione. Elezione che, occorre ricordarlo, si costruì attraverso una schiacciante vittoria alle precedenti primarie (54,58% dei consensi contro il ben più famoso e quotato David Sassoli, secondo con nemmeno la metà dei voti, il 24,28%, e terzo l’attuale ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, con solo l’8,12% dei voti) e vide Marino affermarsi al secondo turno delle Comunali contro il sindaco uscente, Gianni Alemanno, con un indiscutibile 63,97% a 36,07%.

Marino, chirurgo affermato, è entrato in politica nella sua seconda vita professionale. Proprio per questo, e per la sua clamorosa attitudine a non tenere conto delle clientele che esistono in ogni partito, si è meritato sul campo un soprannome assai efficace: “il marziano”. Solo un marziano, infatti, avrebbe potuto pensare di rispettare le promesse elettorali fatte durante la sua campagna: prima fra tutte, la chiusura della discarica di Malagrotta, banalmente la più grande di tutta Europa, già oggetto di una famosissima puntata di Report di quelle da far cadere le braccia, nonché di una procedura d’infrazione aperta dalla Commissione Europea contro l’Italia per violazione della direttiva comunitaria 1999/31 CE sullo smaltimento dei rifiuti “tal quale”, ossia non trattati.

La chiusura della discarica e l’introduzione a Roma (all’alba del 2014!) della raccolta differenziata, che in nemmeno un anno in città è arrivata al 38% del totale, una percentuale seconda solo a Berlino fra le grandi capitali europee, ha fatto sì che il marziano si facesse da un giorno all’altro nemico una mezza milionata di romani i cui interessi coincidevano con il mantenimento del “sistema Malagrotta”. Come risultato, Marino (e la città di Roma) hanno subìto la reazione ingiustificabile di quei netturbini che avevano un interesse di categoria verso lo status quo e hanno boicottato il sindaco (e i cittadini romani) raccogliendo rifiuti in modo fittizio. Nel giro di pochi mesi, tutti i romani si sono resi conto che qualcosa non andava: cassonetti straboccanti, pattume a terra, marciapiedi più sporchi del solito, discariche in periferia create dal nulla, perfino roghi di dubbie sostanze con lunghe colonne di fumo nero. Una situazione da 2019: dopo la caduta di New York. La capitale d’Italia nel giro di pochi mesi è diventata più sporca e fetente che mai, e sì che Roma non ha mai brillato quanto a efficienza del decoro urbano. Tutti se la sono presa con chi? Ma col sindaco che ha fatto chiudere la discarica multata, e che, chiudendola, ha anche assicurato che la città potesse nuovamente ricevere i finanziamenti europei non più assegnati a chi è colto in procedura d’infrazione.

Come se non bastasse, il marziano ha preso di petto la cronica parentopoli delle municipalizzate e partecipate romane. I lettori ricorderanno lo scandalo detto “Parentopoli” della Giunta Alemanno, col quale furono assunti in Atac, Ama e altre società municipali romane alcune migliaia di parenti e amici-degli-amici del tutto incompetenti. Lo scandalo fu tale che Alemanno ci rimise l’elezione del secondo mandato. Con Marino, candidato del Pd, si poteva temere che a una parentopoli di neo-e-postfascisti si sostituisse come nella peggiore tradizione italica una di post-post-comunisti, mentre invece il marziano ha posto uno stop alle assunzioni a tempo indeterminato nelle società di Roma Capitale e ha, orrore, perfino ridotto drasticamente il numero di società partecipate dal Comune di Roma, con un risparmio di 9,5 milioni di euro. Il Marziano ha poi tagliato la spesa per 93 milioni di Euro in Ama, 70 milioni di Euro in Atac e 25 milioni di Euro negli affitti passivi.

Non contento di avere aizzato contro di sé tre quarti del suo stesso partito, il Marziano ha proceduto nell’attuazione del suo programma elettorale, che includeva il miglioramento del trasporto pubblico e la pedonalizzazione totale del Tridente Mediceo. Chiudere queste strade ad auto e motorini è un’operazione dettata dal buon senso, da ragioni economiche e di salute. Di buon senso perché non esiste città al mondo che abbia un centro prestigioso e che lo tenga aperto al traffico su due o quattro ruote. Un centro pedonalizzato attrae turisti e assicura la caduta dei livelli di concentrazione di smog. Ma a Roma chi tocca il traffico su due ruote, muore. Così, da un giorno all’altro il Marziano si è assicurato un’altra mezza milionata di nemici.

Questi sono i veri motivi per cui le opposizioni contro Marino si sono coagulate in questi giorni. Questi sono i motivi per cui nelle ultime settimane si sono alzati polveroni che riguardano questioni risibili di multe autostradali mai notificate al sindaco. Lunare che per una roba così (nella peggiore delle ipotesi, Marino deve pagare 640 Euro in multe perché sua moglie è entrata nella Ztl di Roma col permesso scaduto) si possano chiedere le dimissioni di un sindaco che chiaramente non sta facendo gli interessi della sua parte politica, ma quelli della sua città sì. Poiché dietro a questi polveroni non c’è solo il senatore della Destra, Augello (già assessore al Bilancio della Giunta Storace, quella che causò il buco di 10,7 miliardi di Euro nelle casse della Regione Lazio), ma anche gli avversari interni di Ignazio Marino, a cominciare dall’elettoralmente umiliato David Sassoli, viene da dire che il Pd romano, dopo la zappata della ricandidatura del politicamente redimorto Rutelli nel 2008, pagata con l’avvento di Alemanno, scherza ancora una volta col fuoco. Perché se il Pd romano disarciona il proprio sindaco, saremo in molti alle prossime Comunali a votare per chiunque, ma non per il Centrosinistra. Perfino il M5S diventerebbe un’opzione, per quanto mi riguarda.