Ambiente & Veleni

Moncler e non solo: piume, carne e uova, difficile essere ambientalisti coerenti

Questa volta la Gabanelli mi ha anticipato. Data la stagione, era mia intenzione fare un post su come e dove vengono prodotti i piumini d’oca. Non ho visto la trasmissione, ma noto che, sempre restando in campo animale, ha suscitato un vespaio. Mi vengono alla mente un sacco di considerazioni.

Innanzitutto, mi domando dove la gente viva. È noto da sempre come si procede per la spiumatura delle oche: un metodo barbaro (con tutto il rispetto per i barbari) e sbrigativo. Con le oche sanguinolente poi abbandonate a se stesse che sembrano impazzire dopo la spiumatura. Ma è anche vero che la piuma d’oca è calda e leggera. Io ricordo quando andavo in montagna con un sacco a pelo “militare”, che pesava un tot, mi riempiva tutto lo zaino e non teneva caldo come la piuma. Che fare? L’alternativa qual è? L’ovatta di poliestere che proviene dal petrolio? Mi sovviene alla mente che i vegani non usano scarpe di cuoio perché non vogliono vestire con le spoglie di un animale. Ma l’alternativa per loro sono le scarpe in materiale plastico. Che non è il massimo della coerenza a livello ambientale.

Ma il fatto singolare è che lo stesso giorno in cui andava in onda il servizio della Gabanelli, la Patagonia, che è nel campo dell’abbigliamento alpinistico un’azienda leader e fa della tutela dell’ambiente un proprio credo, mi inviava un prospetto da cui risultava che loro le oche non le fanno soffrire. Semplicemente perché nei loro allevamenti le oche vengono allevate per la carne. Quindi le piume vengono tolte solo dopo che l’animale è stato ammazzato. E’ vero, non soffrono, ma il problema è che vengono uccise.

E sempre ieri ho ricevuto un invito da parte di Change.org a firmare una petizione sugli allevamenti di conigli. Con il seguente commento: “L’Italia è il primo produttore di carne di coniglio in Europa e il secondo a livello mondiale. Circa il 99% di questi animali viene allevato in gabbie di batteria: un metodo crudele e primitivo che priva l’animale della sua libertà e della possibilità di esprimere qualsiasi comportamento naturale.”

Del resto, si sa, non è che le mucche o i maiali nelle stalle se la passino molto meglio, oppure le galline si divertano a vivere in allevamenti intensivi (in gabbie, a terra, biologici poco importa) con l’unico scopo di produrre uova, di cui gli italiani sono divoratori (220 uova all’anno un italiano consuma di media).

Piume, plastica, conigli, uova: può l’uomo vivere senza infliggere morte e sofferenze? E può “vivere di interessi senza intaccare il capitale”?
Chissà perché mi viene in mente una frase di Jim Smith, professore all’università di Portsmouth, che, a proposito della natura che si è ripresa le zone contaminate di Chernobyl, afferma: “Vista in prospettiva, l’esperienza di Chernobyl dimostra che Madre Natura può affrontare anche il più grave incidente nucleare che si può immaginare. Ciò non vuol dire che le radiazioni sono buone ma che le attività umane, la deforestazione, lo sfruttamento dei campi, la caccia, la pesca sembrano fare più danni all’ambiente naturale di quelli che fanno le radiazioni.”