Economia

Corrotta, in crisi e intollerante: “Italia fuori dal G20 del benessere”

Trentasettesimi, dietro a Costa Rica, Slovacchia e Kuwait. Lo spaccato dell’Italia che viene fuori dal Prosperity index, l’indice creato dal think tank londinese Legatum Institute sulla base di sondaggi Gallup World Poll, è inquietante

Per fortuna che c’è la salute. E poi la famiglia e la piccola imprenditoria. Senza di loro il benessere italiano sarebbe, infatti, solo un lontano ricordo del passato. Per il Prosperity Index 2014, indice che misura la prosperità di 142 Stati del mondo, la qualità della vita nel nostro Paese si tiene ormai a galla grazie a questi tre salvagente. Ma il sistema nel suo insieme soffre sempre di più per effetto della crisi economica, del degrado della politica, delle libertà personali e dell’educazione. Al punto che se il benessere venisse inserito fra le variabili per selezionare i membri della potente cerchia del G20, l’Italia ne resterebbe inevitabilmente esclusa. E Matteo Renzi non potrebbe farci un granché dal momento che, secondo lo studio anglosassone, il suo governo appartiene alla categoria degli esecutivi impopolari, costretti dalla crisi a battersi per mettere in campo misure dolorose per le tasche dei cittadini.

Lo spaccato dell’Italia che viene fuori per il 2014 dall’indice creato dal think tank londinese Legatum Institute sulla base di sondaggi Gallup World Poll, è insomma inquietante. Descrive un Paese in equilibrio instabile con politica ed economia allo sbando e un declino in decisa accelerazione: se infatti dal 2009 ad oggi l’Italia ha perso undici posizioni, ben cinque sono attribuibili unicamente al 2014, anno in cui il Paese si piazza al 37esimo posto nella classifica della prosperità dopo Costa Rica, Slovacchia e Kuwait. Nell’elenco, in cui primeggiano i norvegesi seguiti a ruota da svizzeri e neozelandesi, l’Italia precede Israele, su cui però incide forte il peso dell’instabilità geopolitica.

Ad affossare il voto sul benessere del nostro Paese c’è una decisa frenata dell’economia con gli italiani che mettono mano ai risparmi di una vita (-4,8%) e che lottano per il lavoro, merce sempre più rara con una disoccupazione stimata in aumento del 57 per cento. La situazione è così tesa da indurre la popolazione ad un notevole pessimismo (134esimo posto su 142) e ad una forte sfiducia nelle istituzioni finanziarie che hanno in pancia un quantitativo di “crediti in sofferenza fra i più elevati d’Europa”. Ormai, come spiega lo studio, “solo il 3,1% degli italiani pensa che l’Italia sia un buon posto per trovare lavoro (…). Questo si riflette in un malcontento generale con la percentuale delle persone soddisfatte del proprio stile di vita che è diminuito del 12 per cento”.

Gli italiani, insomma, non vedono la fine del tunnel. E non credono più alla politica come strumento per invertire la rotta. Solo il 16% della popolazione, contro il precedente 45%, approva le politiche governative con un risultato che piazza l’Italia penultima in Europa e 129esima sull’intero panel di Stati analizzati. Come se non bastasse l’88% degli italiani (contro il 54% di Germania e Francia) percepisce una dilagante corruzione all’interno del sistema politico ed economico. Una situazione che, a detta dello studio, complica la vita dell’esecutivo. “I governi percepiti come corrotti hanno più difficoltà ad imporre ai cittadini politiche di revisione della spesa ed altre impopolari scelte necessarie a curare i malesseri economici (…)”, spiega l’analisi. Il basso consenso popolare del governo rende poi “estremamente difficili in questi Paesi le azioni necessarie a rivitalizzare le loro economie in declino”.

“A questo riguardo l’Italia ha avuto particolari problemi negli ultimi tre governi. L’esecutivo più recente, quello di Matteo Renzi, continua ad avere difficoltà per realizzare riforme chiave sia nella politica che nell’economia”, prosegue l’analisi. Che rileva contestualmente come un ritorno alle urne non sarebbe la chiave di volta, vista la scarsa fiducia nutrita dalla cittadinanza nelle elezioni (-28%) con un valore (42%) che pone il Paese al penultimo livello in Europa. In questo complesso scenario si assottiglia anche la fiducia nel sistema giudiziario (-11%, con l’Italia terzultima in Europa dopo Spagna e Portogallo) mentre il livello di corruzione percepita è  “fra i più alti del mondo (89,8%)”. Con in più il triste primato negativo per l’Italia di rappresentare lo Stato europeo in cui sempre meno persone “esprimono liberamente la loro visione politica o denunciano questioni pubbliche”.

A completare il quadro dall’indagine emerge poi come le tensioni economiche e politiche si stanno traducendo in emergenza sociale. Diminuisce la tolleranza degli italiani verso gli extracomunitari con il Paese che si piazza al penultimo posto in Europa dopo la Grecia. Aumentano i furti, cala il volontariato la cui pratica è scesa in fondo all’Europa in termini percentuali e sale la preoccupazione con il 66% (dal precedente 44%) degli intervistati che si dice inquieto per il futuro. “Una sensazione fondata data la precaria situazione delineata dal Prosperity Index”, riprende lo studio che bolla il Paese come il più preoccupato d’Europa, seguito a ruota da Spagna (62%) e Portogallo (58%).

A salvare il salvabile resta la salute con ben tre primati europei: secondo l’indagine, gli italiani, oltre ad essere i più longevi del Vecchio Continente, sono anche i più riposati e quelli con il minor numero di problemi di salute. In ambito economico, tiene anche il mondo delle piccole aziende con “l’imprenditorialità che resta il motore del progresso nazionale”, conclude la nota. Anche a dispetto dei grossi problemi strutturali come i costi di per avviare un’attività d’impresa che restano alti, la scarsa diffusione di internet o il basso livello di ricerca e sviluppo. Tuttavia solo il 49% degli italiani, la peggior performance in Europa, pensa che il “duro lavoro paga” in termini di mobilità sociale. Ciononostante, pur con meno soldi in tasca e poche speranze di miglioramento per il futuro, gli italiani non rinunciano a sposarsi conquistando il primato europeo nei matrimoni. E si dicono fiduciosi nel prossimo (92%, dato superiore alla media mondiale dell’83%). A patto però che non si tratti di un politico.