Musica

Premio Bianca d’Aponte 2014, Andrea Mirò e Petra Magoni esaltano la decima edizione

Petra MAgoni e Fausto Mesolella - Foto Mary Addari

Si è svolta ad Aversa la decima edizione del Premio Bianca d’Aponte, manifestazione unica nel suo genere in Italia, riservata a sole cantautrici. Compleanno importante e in grande stile, a giudicare dall’enorme numero di ospiti che si sono susseguiti sul palco del teatro Cimarosa, per uno/due giorni molto intensi. Tra gli altri: Andrea Mirò (madrina di questa decima edizione), Mariella Nava, Petra Magoni, Elena Ledda, Fausta Vetere, Bungaro, Enzo Avitabile, Mauro Ermanno Giovanardi, Alessio Bonomo, Tricarico con i Letti Sfatti.

Il Premio nacque nel 2005, per ricordare Bianca d’Aponte, cantautrice scomparsa a soli 23 anni nel 2003, alla vigilia del suo primo contratto discografico con la Ricordi. Sotto la guida del direttore artistico Fausto Mesolella – una delle migliori chitarre della canzone d’autore italiana –, presentata dal divertente e divertito Antonio Silva, da Maria Cristina Zoppa e Roberta Balzotti, l’edizione 2014 oltre al concorso prevedeva l’alternarsi delle vincitrici degli anni passati e di alcune delle madrine che hanno tenuto a battesimo le concorrenti, e come detto i numerosi ospiti.

Sono stati tanti i momenti notevoli della manifestazione, che in generale ha caratteristiche assolutamente funzionali a esaltare la musica d’autore, con tempi non televisivi, massimo risalto al suono e alle canzoni. Questo è successo nel set della madrina di quest’anno, Andrea Mirò, che con la solita eleganza e personalità ha cantato una canzone di Bianca dal titolo Come Dorothy, e alcuni tra i suoi migliori pezzi: Prima che sia domani e Faust.

Non si può non citare poi la virtuosa e marziana Petra Magoni, che ha duettato con Mesolella facendo assumere alla propria voce forme inaudite, fra l’altro con una versione pirotecnica di un pezzo accademicamente presentato come “brano che investe tanto la botanica, quanto la zoologia”: Papaveri e papere.

Notevole anche il momento in cui Enzo Avitabile (voce e arpina, o pentarpa napoletana), accompagnato da Fausto Mesolella, ha cantato un brano dal titolo Don Salvato’, preghiera laica e randagia, canto fermo, carico di dignità e forza popolare.

E veniamo alla gara, con undici concorrenti scelte in questi mesi da una selezionatissima eppure ampia giuria, una delle migliori d’Italia per assortimento e autorevolezza. Lo spirito del concorso è stato descritto benissimo dallo stesso Fausto Mesolella: “La freschezza che hanno le ragazze qui al d’Aponte è la freschezza che deve accompagnare chi scrive canzoni, da quando ci si sveglia alla mattina fino a sera”. Il premio assoluto è andato alla riminese Elisa Rossi (che ha vinto anche il premio “Muovi la musica”), e al suo brano Pensi sia possibile: dialogo con una stella, in cui la cantautrice ha dimostrato di saper padroneggiare melodia e ritmo, dosando le cadenze gradevoli del testo a passi più riflessivi, sullo sfondo di un etimologico desiderio d’empatia. Canzone davvero elegante, cantata su sobria chitarra sola d’accompagnamento di Daniele Fiaschi (suo anche l’arrangiamento).

Gli altri premi sono andati a Elsa Martin (della critica), Alfina Scorza (miglior composizione), Flo (miglior testo), Anita Vitale (migliore interpretazione).

Tra le vincitrici delle passate edizioni, sicuramente da ricordare l’esibizione di Momo, che con un brano dal titolo Non ricordo si è meritata una standing ovation e un contratto discografico con l’etichetta “Suoni dall’Italia” (come lei Alfina Scorza) o Chiara Morucci, autrice di una singolare canzone-oroscopo dal titolo Viaggi astrali: pezzo a ritmo di bossanova che recita l’intero oroscopo con previsioni in metrica e rime virtuose, da cambiare alla bisogna in ogni spettacolo.

Forse, però, il modo migliore per raccontare il Premio d’Aponte è con le parole di Gaetano, padre di Bianca, vero motore e ideatore dell’evento: “Probabilmente ciò che fa la differenza e che crea l’atmosfera particolare di questo Premio è la motivazione per cui è nato”. Già, forse è davvero qui il segreto, perché questo lo fa posizionare fuori dagli sciacallaggi e dalle logiche mercantili di una moribonda discografia, e lo ascrive nella grazia dei gesti fatti con passione, i soli degni di abitare il delicatissimo e vulnerabile mondo dell’arte.