Tecnologia

Wifi libero: politici in ritardo di 10 anni

Il disegno di legge n. 2528 della XVII legislatura sul “Wi-Fi libero” sta suscitando non poche polemiche. Riassunto in maniera estremamente sintetica, la proposta è semplice: obbligare tutti i pubblici esercizi ad aprire la loro rete senza fili al pubblico. Dopo anni in cui l’apertura era vietata da un’assurda legge anti-terrorismo, la prima reazione è di farci su una risata.

 

 

Come al solito, in Italia, si passa da un estremo all’altro. Più di tutto, però, l’iniziativa di una novantina di parlamentari conferma, oltre al ritardo culturale del nostro paese, quello dei nostri politici. Se quello della popolazione è stato ben evidenziato con dati e cifre da Guido Scorza nel suo recente post sullo stesso argomento, altrettanto preoccupante è quello della classe politica.

Tralascio volutamente la questione dell’opportunità o meno di “obbligare” chi ha un esercizio pubblico ad aprire la sua rete wireless a clienti e avventori per concentrarmi sull’utilità della misura. Proporre, all’alba del 2014, l’obbligatorietà dell’apertura delle reti Wi-Fi nei locali pubblici, significa semplicemente non essersi accorti di ciò che accade nel nostro paese. I dati agghiaccianti citati da Guido Scorza sull’alfabetizzazione digitale in Italia, infatti, non mettono in rilievo un aspetto del rapporto tra italiani e Internet, ovvero il fatto che buona parte di chi dichiara di usare Internet lo fa prevalentemente (o esclusivamente) attraverso uno smartphone.

Al di là delle ricadute sull’alfabetizzazione digitale, visto che l’uso di uno smartphone è di solito decisamente meno “istruttivo” sotto questo profilo dell’utilizzo di un computer, c’è qualche altra considerazione pratica da fare. Chi ha uno smartphone, di solito, ha anche un piano per il traffico dati. Qualche anno fa si trattava di contratti a consumo piuttosto costosi, ma oggi 1 GB di traffico al mese costa una sciocchezza. A meno che l’italiano digitalizzato non voglia guardarsi un paio di puntate di Report in streaming mentre fa la spesa, collegarsi al Wi-Fi non gli serve.

Al massimo può servire a quei dispositivi, come buona parte dei computer portatili, che non hanno una sim. Ma la cosa si potrebbe risolvere in maniera abbastanza agevole utilizzando il tethering, cioè sfruttando la connessione del cellulare per navigare con il computer. Peccato che buona parte dei contratti offerti dagli operatori italiani (mica scemi) esclude questa possibilità, nell’ovvia speranza di spacciare qualche migliaio di chiavette 3G in più.

Se si vuole usare lo smartphone come hotspot per navigare col computer, spesso bisogna pagare. Magari fare una leggina, un regolamento, un qualsiasi atto amministrativo che obblighi gli operatori a consentire questo (banale) utilizzo del traffico dati che gli utenti hanno comunque pagato, sarebbe più “attuale” dell’obbligare all’apertura del Wi-Fi.

Saremmo comunque in ritardo, ma questa volta “solo” di 4 o 5 anni. Sarebbe già qualcosa.