Diritti

Matrimoni gay: perché la trascrizione è legittima

Angelino Alfano è il Ministro dell’Interno più incompetente della storia della Repubblica italiana.

Quando si tratta di affrontare il tema dell’immigrazione, frigna come un bambino che l’Europa non ci aiuta. Sul caso dell’omicidio di Yara Gambirasio inneggia, senza alcun senso di civiltà giuridica e in spregio al lavoro dei pubblici ministeri bergamaschi che da mesi si impegnano per raccogliere le prove della colpevolezza dell’unico indagato, che evviva, hanno trovato l’assassino! In qualsivoglia altro Paese civile, Alfano sarebbe stato rispedito nell’ombra, una metafora che peraltro rispecchierebbe esattamente il peso elettorale del suo attuale partito.

Questa mattina ha voluto però dare il meglio di sé, dichiarando a Rtl 102.5 di essere intenzionato a chiedere ai Prefetti, tramite un’apposita circolare poi preparata in giornata (dunque piuttosto in fretta, mi pare), di annullare d’ufficio la trascrizione dei matrimoni contratti da coppie dello stesso sesso all’estero cui alcuni comuni tra cui Napoli, Bologna, Grosseto e ultimamente Milano, hanno dato corso.

Trovo l’iniziativa di Alfano la conferma di quanto dicevo sopra, e cioè che tutto ciò che fa rispecchia una scarsa, se non inesistente, cultura giuridica.

I matrimoni tra persone dello stesso sesso si trascrivono all’anagrafe per certificare l’esistenza di un rapporto riconosciuto all’estero. Si tratta dunque non certo di dichiarare che due persone sono sposate in Italia, cosa che ovviamente fino ad ora non è possibile fare perché siamo ad oggi l’unico Paese a non avere ancora una legislazione in materia, bensì più semplicemente di certificare, ad opera degli uffici comunali, che due persone risultano sposate, appunto, all’estero. Una certificazione di questo tipo può servire a molte cose: ad esempio, in un eventuale contenzioso, per provare in giudizio la durata e la stabilità della convivenza; soprattutto, per godere dei diritti attribuiti al coniuge dalla legislazione europea, consentendo così l’ottenimento del permesso di soggiorno per ogni cittadino di un altro Paese dell’Unione Europea che voglia stabilirsi in Italia con la persona che ama.

Non serve essere un fine giurista per capire che la libertà di circolazione affermata dai Trattati dell’Unione Europea non è una vera e propria libertà se un cittadino viene considerato sposato in uno Stato e celibe in un altro.

Del resto, che anche i Paesi nei quali il matrimonio same-sex non è espressamente riconosciuto dalla legge o addirittura vietato possano accogliere e riconoscere coppie gay o lesbiche sposate altrove è un principio che trova conferma anche nella più recente casistica giudiziaria degli Stati Uniti, e in particolare in Ohio e Missouri. Nei due Stati non ci si può sposare, eppure i giudici hanno stabilito che chi si sposa in altri Stati è riconosciuto come coniuge anche nelle loro giurisdizioni. 

La trascrizione è dunque perfettamente legittima. La legge attuale prevede infatti che essa possa essere negata solo per contrarietà all’ordine pubblico, e il matrimonio tra persone dello stesso sesso sicuramente non lo è. Inoltre, dopo che un atto è stato trascritto, solo l’autorità giudiziaria può pronunciarsi sulla sua cancellazione, non certo il Prefetto o tantomeno il Ministro dell’Interno, come chiarisce l’Avv. Maria Grazia Sangalli, collega di Rete Lenford. Basta leggere l’articolo 95 della Legge 3 novembre 2000, n. 396 per rendersene conto. 

Molti sindaci si sono opposti a questa forzatura giuridica di Alfano, arrivando a definirla persino una “stupidata“. Come non essere d’accordo?

Il vero problema è che il governo, presieduto da un Matteo Renzi che sulle unioni omosessuali finora ha proposto solo slogan ma nulla di concreto, cerca prepotentemente di mettere la mano nella vita delle persone, negando l’evidente circostanza che due italiani che si amano devono fuggire per realizzare la loro felicità. Alfano vuole ricacciare i gay e le lesbiche italiani nell’ombra e nel silenzio.

Il suo messaggio politico è chiaro. Peccato che, giuridicamente, non stia in piedi. Per fortuna.